Non c'è una regola. È tutta una "combriccola", un disegnare, con un dito, il cielo, un inseguire, con gli occhi, un aquilone, un inciampare e conoscere la paura per imparare a trovare, poi, il coraggio di rialzarsi. E si inizia a capire. E si inizia a ragionare. E si inizia fino a quando non si vuol più ragionare. Non c'è una regola per perdersi tra le stelle o per ascoltare il mare o per stare, soli, con la fronte poggiata alla finestra per, poi, aprir le braccia e simulare la libertà di un gabbiano. No! Non c'è una regola per piangere forte (ma forte) contro l'amore e, quasi nell'immediatezza, abbracciarne il favore. Inviarsi un "vaffanculo", trascinarsi dopo un pugno, accasciarsi per una morte, "pagare" con la vita. Non c'è una regola per capire che non ci sono eroi (o che non dovrebbero esserci degli eroi) ma solo uomini e altri uomini che si dicono e, poi, si chiamano che sia Repubblica che sia Stato che siano politici che siano magistrati che siano funzionari che siano associazioni anche di mafie pur di massoneria oppure di sport.
U o m i n i!
Non c'è una regola per guardarsi negli occhi - finanche allo specchio da soli o in compagnia - e sentire l'ebbrezza della vita che è solo un attimo.
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