Non era il suono di uno spirito né il canto di un uccello: era il mio flauto quello che sentivi la scorsa notte lungo il fiume. Quando sei arrivata con la tua anfora là dove il fiume trascina dolcemente i rami dei salici, era il mio flauto che suonava, che ti chiamava: "Wacoba! Wacoba! Vieni presso il salice!" Non era il vento, l'altra notte, o un cuculo, che smuoveva i cespugli di lupini: era il mio sangue che rispondeva al fruscio delle tue vesti sopra l'erba, era il mio sangue, la presso il rosaio che cresce sotto al salice. Non era un animale quel che sentivi agitarsi, l'altra notte: era il mio cuore che andava avanti e indietro morso dal desiderio, al ritmo della musica che usciva del mio flauto. Wacoba, Wacoba, era il mio cuore quello che hai sentito sobbalzare sotto i salici.
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