Sono passati sei anni, o forse un secolo o forse di più il mio corpo non lo sa dire, ma le ossa sentono ogni tua mancanza come inverno.
I rumori del silenzio rimbombano come frecce avvelenate, piantate dritte nel cuore. nessuno le vede ma sanguino ancora piano.
Non c'è angolo che non ti porti, una riga nel muro è un segno della tua schiena, la casa ti tiene nascosto dove io non posso toccarti. Ogni giorno è un'eco del primo, quello senza il tuo fiato ho imparato a respirare da sola lo facevo già da un po' ma è un'aria diversa, più dura, più fredda.
Scrivo il tuo nome sulle stoviglie, lo sbuccio dalla frutta, lo piego nelle lenzuola, lo verso nel caffè del mattino, TU resti, nel modo in cui manchi.
Ora sei tempo, ma non passato sei voce senza suono che mi parla nel petto quando tutti credono che stia zitta.
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