È stato, accadde, è vero. Fu in un giorno, fu una data che segna il tempo al tempo. Fu in luogo che io vedo. I suoi piedi toccavano il suolo questo stesso che tutti tocchiamo. Il suo vestito era simile ad altri che indossano altre donne. Il suo orologio sfogliava calendari, senza scordare un'ora: come contano gli altri. E quello che lei mi disse fu in una lingua del mondo, con grammatica e storia. Così vero che sembrava menzogna.
No. Devo viverlo dentro, me lo devo sognare. Togliere il colore, il numero, il respiro tutto fuoco, con cui mi bruciò nel dirmelo. Mutare tutto in forse, in mero caso, sognandolo. Così, quando vorrà smentire ciò che mi disse allora, non mi morderà il dolore d'una felicità perduta che io tenni fra le braccia, come si tiene un corpo. Crederò di aver sognato. Che tutte quelle cose, così vere, non ebbero corpo, né nome. Che perdo un'ombra, un sogno ancora.
Commenti