Io l'ho veduto, allora. Tu sonavi il tuo violino, con la testa bassa: le ciglia ti segnavano sul viso due strisce d'ombra. Io vibravo, forse, insieme con le corde, nei singhiozzi che l'anima imprimeva alla tua mano e t'incontravo al sommo delle dita. O forse ti giocavo sui capelli insieme con la brezza acre del mare. Forse m'illanguidivo nei racemi molli e compatti delle viole ciocche. E un giorno riponesti le tue musiche; riponesti, piangendo, il tuo strumento: la Morte te lo avea fasciato stretto coi suoi velluti neri. Io t'ho veduto, fratello, allora. Ma non so dov'ero. Forse ero solo un ramo crasso ed irto di fico d'India, dietro un vecchio muro.
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