S'imprigionava nei miei sogni ogni sera, diventava ciò che volevo fosse conversava le lingue che sapevo parlare, giocava agli spassi che volevo fare, vestiva di chiaro e mi stringeva la mano, tra prati città e spiagge lontano con lui correvo e mai mi fermavo. Passava la notte in fretta e appariva il mattino; se ne andava dissolvendosi, sfolgorando come stella nel primo respiro che da sveglia esalavo mentre il sole piano schiariva e tra le mie ciglia con i suoi raggi appariva. Cedeva sul mio cuscino una lacrima, e sulla mia guancia una carezza. Risuonava durante il giorno la sua risata, nella mia mente fiduciosa che voglia della notte mi dava e paura del buio mi contestava. Ora sono donna e sono moglie, non sogno più un gioco fanciullesco della triste realtà mi deturpo, e da bambino ora lui è uomo, la notte non aspetta gli incanti, di carne è adesso plasmato, mi prende l'anima e il corpo a suo volere, a quando era fanciullo, non è per nulla uguale, concepisce poco amore e molto astio crudele mi mortifica nel suo gioco, la mela del peccato è il frutto di cui mi sfama, di semplicità non e fatta la sua brama, non corre e non ride nel crudele sguardo, la sua risata non echeggia durante il giorno, solo le sue urla se non è assecondato nel nero della notte non brilla, e la sua mano, non lascia sul mio viso una carezza. Matrimonio frustrato che non finisce al mattino, bagna adesso una lacrima ancora, il mio cuscino.
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