Crescevan nella tomba le unghia a Giuseppe, morto, adunche. Liquefatto gli gocciava il fegato. Nelle cave orbite senza luce aveva due tenere rotule di Ririrì. Dal cervello putrescente e dalla teca si sperdevan milioni di pensieri in filiere per i cipressi del cimitero.
Dio verdolino come libellula, lì cercava di penetrare fra le estreme cellule. Ma gli oscurava a lampi la via, la Tenebrosa. Bolliva nel vicolo la pignatta - oh, quanto fonda! - di donna Riricchia. Nella valle in paura del vento, le canne. Picchia la notte sugli ossi secchi della tomba.
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