Voi intrecciate il vostro sangue, stendendo le razze l'una incrociata nell'altra, vite su vite, volti riconoscibili agli occhi talvolta. Scendete lungo la camera buia delle tempeste-età, brucate la prateria del mare, attraversate il telo celeste ma io riempio il vostro passaggio di solitudine: dove andranno le ore dell'estate? Dove rispunterà il cielo di ieri? Poi scendete dall'albero della creazione, cigolate appena sul carrello, rientrate nella polvere fine. Sempre io vi tormento dalla mia zolla, dalla nube aerea, generazioni, ere incerte e febbrili. E non avete ancora camminato abbastanza.
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