L'ora più buia è quella del mattino, fase di mutili grovigli e nodo di pensieri recisi.
Abbiamo dato chiusa sepoltura ai nostri brevi cani e ai nostri morti e la porpora viva del rimorso sanguina in tenue cecità. La notte spegne candele di cipressi, sale in taciuti riflessi e fiamme grevi.
L'occhio disegna un'esile equazione fra litania e squillo di tromba. È tempo di scuoiare il rifugio della mano come corteccia impoverita e siamo genuflessi al miracolo del sole.
Funerario è lo stelo che congiunge gli emisferi dell'ombra e del digiuno in meridiani panici. Sorgiamo all'esatta cadenza del dolore.
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