Scritta da: Silvana Stremiz
Questa cittade, e intorno a molte miglia
ciò che fra Varo e Rodano al mar siede,
avea l'imperator dato alla figlia
del duca Amon, in ch'avea speme e fede;
però che 'l suo valor con maraviglia
riguardar suol, quando armeggiar la vede.
Or, com'io dico, a domandar aiuto
quel messo da Marsilia era venuto.
dal libro "Orlando furioso" di Ludovico Ariosto
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    Scritta da: Silvana Stremiz
    Rispose il cavallier: - Tu vòi ch'io passi
    di nuovo i monti, e mostriti la via?
    A me molto non è perdere i passi,
    perduta avendo ogni altra cosa mia;
    ma tu per balze e ruinosi sassi
    cerchi entrar in pregione; e così sia.
    Non hai di che dolerti di me, poi
    ch'io tel predico, e tu pur gir vi vòi. -
    dal libro "Orlando furioso" di Ludovico Ariosto
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      Scritta da: Silvana Stremiz
      La bella donna con diverso aspetto
      stette ascoltando il Maganzese cheta;
      che come prima di Ruggier fu detto,
      nel viso si mostrò più che mai lieta:
      ma quando sentì poi ch'era in distretto,
      turbossi tutta d'amorosa pieta;
      né per una o due volte contentosse
      che ritornato a replicar le fosse.
      dal libro "Orlando furioso" di Ludovico Ariosto
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        Scritta da: Silvana Stremiz
        Ritornò il cavallier nel primo duolo,
        fatta che n'ebbe la cagion palese.
        Questo era il conte Pinabel, figliuolo
        d'Anselmo d'Altaripa, maganzese;
        che tra sua gente scelerata, solo
        leale esser non volse né cortese,
        ma ne li vizi abominandi e brutti
        non pur gli altri adeguò, ma passò tutti.
        dal libro "Orlando furioso" di Ludovico Ariosto
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          Scritta da: Silvana Stremiz
          Splende lo scudo a guisa di piropo,
          e luce altra non è tanto lucente.
          Cadere in terra allo splendor fu d'uopo
          con gli occhi abbacinati, e senza mente.
          Perdei da lungi anch'io li sensi, e dopo
          gran spazio mi riebbi finalmente;
          né più i guerrier né più vidi quel nano,
          ma vòto il campo, e scuro il monte e il piano.
          dal libro "Orlando furioso" di Ludovico Ariosto
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            Scritta da: Silvana Stremiz
            Fra duo guerrieri in terra ed uno in cielo
            la battaglia durò sino a quella ora,
            che spiegando pel mondo oscuro velo,
            tutte le belle cose discolora.
            Fu quel ch'io dico, e non v'aggiungo un pelo:
            io 'l vidi, i' 'l so: né m'assicuro ancora
            di dirlo altrui; che questa maraviglia
            al falso più ch'al ver si rassimiglia.
            dal libro "Orlando furioso" di Ludovico Ariosto
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              Scritta da: Silvana Stremiz
              Sopra Gradasso il mago l'asta roppe;
              ferì Gradasso il vento e l'aria vana:
              per questo il volator non interroppe
              il batter l'ale, e quindi s'allontana.
              Il grave scontro fa chinar le groppe
              sul verde prato alla gagliarda alfana.
              Gradasso avea una alfana, la più bella
              e la miglior che mai portasse sella.
              dal libro "Orlando furioso" di Ludovico Ariosto
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                Scritta da: Silvana Stremiz
                Poi che fur giunti a piè de l'alta rocca,
                l'uno e l' altro volea combatter prima;
                pur a Gradasso, o fosse sorte, tocca,
                o pur che non ne fe' Ruggier più stima.
                Quel Serican si pone il corno a bocca:
                rimbomba il sasso e la fortezza in cima.
                Ecco apparire il cavalliero armato
                fuor de la porta, e sul cavallo alato.
                dal libro "Orlando furioso" di Ludovico Ariosto
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                  Scritta da: Silvana Stremiz
                  Di sì forbito acciar luce ogni torre,
                  che non vi può né ruggine né macchia.
                  Tutto il paese giorno e notte scorre,
                  E poi là dentro il rio ladron s'immacchia.
                  Cosa non ha ripar che voglia torre:
                  sol dietro invan se li bestemia e gracchia.
                  Quivi la donna, anzi il mio cor mi tiene,
                  che di mai ricovrar lascio ogni spene.
                  dal libro "Orlando furioso" di Ludovico Ariosto
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