Le migliori poesie di William Shakespeare

Drammaturgo e poeta, nato domenica 26 aprile 1564 a Stratford-upon-Avon (Regno Unito), morto sabato 23 aprile 1616 a Stratford-upon-Avon (Regno Unito)
Questo autore lo trovi anche in Frasi & Aforismi, in Umorismo, in Racconti, in Frasi per ogni occasione, in Proverbi e in Diario.

Quando musica tu suoni, mia musica,
su quel beato legno che alle dita
gentili replica mentre conduci
la vibrante armonia che mi smarrisce,
quanto invidio quei tasti che in su e in giù
tenendo il cavo di tua mano baciano -
e dal raccolto le mie labbra escluse,
lì accanto, si fan rosse a tanta audacia.
Ben situazione e stato muterebbero,
purché tu le sfiorassi, con quei rapidi
in danza - e tu scorri sì che lieto
fai morto legno più che vive labbra.
Se tanta sorte hanno quegli sfrontati,
dà lor le dita, a me le labbra al bacio.
William Shakespeare
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    Scritta da: Silvana Stremiz

    Shall I compare thee to a summer's day? (Sonnet 18)

    Shall I compare thee to a summer's day?
    Thou art more lovely and more temperate:
    Rough winds do shake the darling buds of May,
    And summer's lease hath all too short a date:
    Sometime too hot the eye of heaven shines,
    And often is his gold complexion dimm'd;
    And every fair from fair sometime declines,
    By chance, or nature's changing course untrimm'd;
    But thy eternal summer shall not fade,
    Nor lose possession of that fair thou ow'st;
    Nor shall Death brag thou wander'st in his shade,
    When in eternal lines to time thou grow'st:
    So long as men can breathe, or eyes can see,
    So long lives this, and this gives life to thee.
    William Shakespeare
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      Quando seguo l'ora che batte il passar del tempo
      e vedo il luminoso giorno spento nella tetra notte,
      quando scorgo la viola ormai priva di vita
      e riccioli neri striati di bianco,
      quando vedo privi di foglie gli alberi maestosi
      che un dì protessero il gregge dal caldo
      e l'erbe d'estate imprigionate in covoni
      portate su carri irte di bianchi ed ispidi rovi,
      allor, pensando alla tua bellezza, dubbio m'assale
      che anche tu te ne andrai tra i resti del tempo,
      perché grazie e bellezze si staccan dalla vita
      e muoiono al rifiorir di altre primavere:
      e nulla potrà salvarsi dalla lama del Tempo
      se non un figlio che lo sfidi quand'ei ti falcerà.
      William Shakespeare
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        Scritta da: Silvana Stremiz

        Come posso ritrovare la mia pace (Sonetto 28)

        Come posso ritrovare la mia pace
        se il ristoro del sonno mi è negato?
        Se l'affanno del giorno non riposa nella notte
        ma giorno da notte è oppresso e notte da giorno?
        Ed entrambi, anche se l'un l'altro ostili,
        d'accordo si dan mano solo per torturarmi
        l'uno con la fatica, l'altra con l'angoscia
        di esser da te lontano, sempre più lontano.
        Per cattivarmi il giorno gli dico che sei luce
        e lo abbellisci se nubi oscurano il suo cielo:
        così pur blandisco la cupa notte dicendo
        che tu inargenti la sera se non brillano stelle.
        Ma il giorno ogni giorno prolunga le mie pene
        e la notte ogni notte fa il mio dolor più greve.
        William Shakespeare
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          Scritta da: Silvana Stremiz

          Quelle labbra che Amor creò con le sue mani (Sonetto 145)

          Quelle labbra che Amor creò con le sue mani
          bisbigliarono un suono che diceva "Io odio"
          a me, che per amor suo languivo:
          ma quando ella avvertì il mio penoso stato,
          subito nel suo cuore scese la pietà
          a rimproverar la lingua che sempre dolce
          soleva esprimersi nel dar miti condanne;
          e le insegnò a parlarmi in altro modo,
          "Io odio" ella emendò con un finale,
          che le seguì come un sereno giorno
          segue la notte che, simile a un demonio,
          dal cielo azzurro sprofonda nell'inferno.
          Dalle parole "Io odio" ella scacciò ogni odio
          e mi salvò la vita dicendomi "non te".
          William Shakespeare
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            Scritta da: Lella Mcidw

            Sonetto 22

            Non mi convincerà lo specchio ch'io sia vecchio,
            fin quando tu e giovinezza avrete gli stessi anni;
            ma quando vedrò il tuo volto solcato dalle rughe,
            allora m'aspetto che morte termini i miei giorni.
            Infatti, tutto il decoro di tua bellezza
            non è che luminosa veste del mio cuore
            che vive nel tuo petto, come il tuo nel mio:
            e allora come potrei essere di te più vecchio?
            Perciò, amore mio, abbia di te gran cura,
            come anch'io farò, non per me, ma per tuo bene,
            costudendo il tuo cuore teneramente,
            come nutrice col suo bimbo, che non gli incolga male.
            Non contare sul tuo cuore quando il mio sia spento;
            tu me lo donasti non per averlo indietro.
            William Shakespeare
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