Poesie di Salvatore Pilò

Questo autore lo trovi anche in Racconti.

Scritta da: Wine

Mi suonano ancora lontani

Assaporai quel tuo profumo
fra le lacrime
sporgendomi sempre
più verso il tuo corpo,
perfettamente levigato
dai venti della Storia,
immergendomi
nella profondità azzurra
del tuo sguardo
guaivo,
implorando il tuo amore
e più tu mi tendevi la mano
più sentivo di esser perso,
di esser prigioniero del tuo
prosperoso seno
assieme a tutti gli amanti che ti sei
cercata...
Ogni tua parola,
ogni tuo pensiero
pesavano quanto il Tempo
ed eran leggeri
quanto la dolce melodia
che le Sirene
sprigionavano
bagnandoti le cosce.
E noi tutti ammaliati
da quella perfezione quasi
sovrannaturale,
persi nella potenza
del suono della tua voce,
nel ritmo del tuoi passi,
schiacciati dall'immensità
del tuo calore.

E tu,
ti lasciasti percuotere
silenziosa,
con gli occhi che urlavano
lacrime di disperazione...
E volgesti lo sguardo verso di noi...
i tuoi più grandi traditori,
e tutto l'amore che ci hai dimostrato
te lo abbiamo reso con una
croce sul petto,
deturpando selvaggiamente il tuo
maestoso aspetto
e lentamente aspettiamo il tuo declino,
piangendo e urlando
mentre
continui ad essere stuprata e violentata
dalla gente che diceva di amarti.
Ma in fondo anche io,
mia dolce Italia,
non ho fatto altro che stare
fra i tuoi seni a guardare,
inondandoti di lacrime
e continuando a sperare.
Salvatore Pilò
Composta martedì 26 febbraio 2013
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    Scritta da: Wine

    Il pittore di stelle

    Fra nuvole dense
    di pensieri perduti,
    fra sbuffi ventosi
    di idee ormai defunte
    vaga l'anima del pittore
    di stelle che,
    triste e mesto
    continua il suo giro
    e vola, vola
    fino a far di se
    una nuvola
    e tornare a sognare.

    Ma il temporale è vicino
    e la piccola nuvola
    che non sa niente del mondo
    se non dei tremuli baci
    dorati che tingono il cielo
    di notte,
    si appresta a giocare
    con lampi e saette,
    e poi muore.

    Terminato ha il suo viaggio il pittore,
    terminata è la sua fuga d'amore.

    E la pioggia continua
    a cadere.
    Salvatore Pilò
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      Scritta da: Wine

      Lacrime arboricole

      Fragile e timida s'appresta
      ad ammaliar la musica del vento
      per raggiungere il suo gelido nucleo
      incorporeo,
      impalpabile, per poterne saggiare
      la veridicità,
      per poter provare ancora l'ebbrezza di
      una giovinezza insabbiata
      dal giallo pallore
      che il Signore del tempo le ha dato.
      S'appresta a saltare nel vuoto
      per volare ancora una volta
      sospinta dal soffio di un uomo,
      per poter riprovar sulla pelle
      la sensazione di un bacio,
      la carezza del vento.
      Ma il suo corpo fragile
      muore,
      e viene accolta da un amante segreto,
      e ancora una volta rivive.
      È autunno, mio amore.
      Salvatore Pilò
      Composta lunedì 17 dicembre 2012
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        Scritta da: Wine

        Il tramonto del soldato

        Sotto un cielo
        un po' pigro per volersi destare
        un soldato distratto inizia a contare,
        chiude gli occhi
        sospira e imbraccia il fucile,
        con le lacrime agli occhi un vecchio, il badile.
        Gli anni si scoprono esser passati,
        lo dicono i corpi di quei rozzi soldati,
        il vecchio continua il suo mesto scavare
        e con gli occhi al cielo si mette ad urlare.
        Il fucile puntato al petto nemico
        non vuole sparare,
        vorrebbe cantare,
        e il soldato con la veste nemica
        ascolta estasiato
        e perde la vita.
        La perde in un valzer
        ballato un po male,
        guidato da un'arma con voce mortale.
        Il vecchio con rabbia getta il corpo del figlio,
        e fissa il suo vuoto,
        quell'angolo buio.
        Salvatore Pilò
        Composta giovedì 6 dicembre 2012
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          Scritta da: Wine

          Senz'anima

          È solamente un muro
          creato dal ricordo del veleno
          che hai ingoiato a trattenerti
          sul fondo,
          incatenata e sanguinante
          in mezzo agli squali della mente
          che ti dilaniano il cuore
          rendendolo pietra muta
          privo di passione,
          e di questo la testa ne gode
          guadagnando sempre più potere
          su un corpo che non ha che
          da affogare.

          E lo scheletro muto
          degli anni che quell'armadio celava
          ora appare più bianco che mai
          scolorito
          da bugie troppo a lungo tenute
          a marcire in logori cassetti
          consunti dai tarli della sopportazione,
          e la violenza che facevi a te stessa
          non può che portarti a
          pugnalare
          e a godere
          del sangue.

          Non versare più lacrime vergognose
          e chiudi gli occhi,
          per sempre,
          in un sonno che solo il tempo sa
          spezzare
          e osserva da dentro la realtà di fuori
          e scopri il volo d'uccello
          che sale in cielo apparentemente infinito
          fino a sbatter le ali contro
          le pesanti sbarre del mondo,
          scopri che la libertà che hai cercato
          ti ha aperto solo una gabbia più grande,
          e ora smetti pure il tuo canto
          e adagiati al suolo come
          i tuoi compagni trafitti
          dal piombo dell'uomo.

          Hai morso la mela,
          ha saggiato il peso del pensiero
          e hai mestamente sopportato
          il fardello del tempo,
          e ora?
          Il veleno del serpente
          ti logora dentro
          ma fuori appari splendente,
          splendente come non mai.

          Da un finestra
          attraverso i grigiori della pioggia
          ti intravedo ancora una volta
          mio amore,
          i tuoi occhi colmi di gioia,
          il mio petto fasciato
          dalle foto ingiallite dagli anni.
          A terra ancora i frammenti del mondo
          immersi nelle defunte lacrime
          dei ricordi.
          Salvatore Pilò
          Composta lunedì 3 dicembre 2012
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            Scritta da: Wine

            Addio?

            Quel muro che tu innalzi
            alto, alto
            fino a solleticar le nuvole
            si sgretola sotto il peso
            della menzogna delle tue incertezze
            e il mio corpo che cade
            dal muro più alto
            può sol veder
            le nuvole
            ferite mortalmente
            dalle schegge vitree
            delle tue illusioni.

            E continua a cascare la pioggia
            carica di dardi infernali
            d'amori perduti,
            e nell'arco del cadavere
            dell'angelo dell'ebrezza
            incoccata la freccia spezzata
            dall'ardore del tuo spirito
            devi il corso del rivoletto
            di sangue pulsante di vita
            che si riversa fuori dal corpo
            del Putto ferito
            da lama mortale.
            Quel manico,
            nero come la morte
            porta il tuo profumo
            e l'impronta delle tue luride mani
            o potente signora dell'inganno.

            Nell'aria vorticano ancora
            le tue velenose parole
            addolcite dal canto di pettirossi
            ormai spenti.

            Non resta che l'amaro boccone
            da ingoiare accompagnato
            dalle amare lacrime dell'animo.
            Salvatore Pilò
            Composta martedì 20 novembre 2012
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              Scritta da: Wine

              Quel dì

              Concedimi ancora una volta
              il tuo calice
              colmo del tuo lussurioso
              profumo,
              e ancora
              per un solo infinito secondo
              annebbiami la vista
              e fammi viaggiare
              sul tuo corpo,
              peccaminosa dimora dei sensi.

              Te ne prego,
              un sol bacio
              per poter ripescar dai ricordi
              soppressi
              il tuo divino sapore,
              o un sussurro,
              un respiro
              per poter stampare ancora
              col fuoco
              il tuo viso sul mio.

              Concedimi il viaggio,
              è l'ultima volta
              ti giuro,
              ma rilascia
              di nuovo il tuo fiore
              perché io
              assetato
              possa saggiarne
              il profumo,
              dissetarmi con la
              sua calda
              rugiada raggiante.
              E tu,
              tu accetta il mio spirto,
              accogli il mio fuoco
              e poi
              vai.

              Vai, vai
              via, lontano cosicché
              sfuggan al tuo sguardo
              le vergognose
              ferite saline che mi rigano
              il viso,
              voltati solo per osservarmi le labbra,
              il mio ultimo sorriso.
              Salvatore Pilò
              Composta lunedì 5 novembre 2012
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