Spegnimi gli occhi: io ti so vedere, serrami gli orecchi: ti so sentire, e senza piedi a te so camminare, e senza bocca ti so anche invocare. Turami via le braccia e ti afferro con il mio cuore come una mano, turami il cuore e batterà il cervello, e se al cervello scagli la cancrena ti porterò allora nel mio sangue.
Come una indefinibile fata d'ombre vien da lungi la sera, camminando per l'abetaia tacita e nevosa. Poi, contro tutte le finestre preme le sue gelide guance e, zitta, origlia! Si fa silenzio, allora, in ogni casa. Siedono i vecchi, meditando. I bimbi non si attentano ancora ai loro giochi! Le madri stanno siccome regine. Cade di mano alle fantesche il fuso. La sera ascolta, trepida pei vetri: tutti, all'interno, ascoltano la sera.
Vien da lungi la Sera, camminando per la pineta tacita, di neve. Poi, contro tutte le finestre preme le sue gelide guance; e, zitta, origlia. Si fa silenzio, allora, in ogni casa. Siedono i vecchi, meditando. I bimbi non si attentano ancora ai loro giuochi. Cade di mano alle fantesche il fuso.
La Sera ascolta, trepida, pei vetri; tutti - all'interno - ascoltano la Sera.
Vaga speranza non era la fede, non esigeva una vile preghiera, era un'attesa, l'amore faceva pregare immagini, alzare preghiere.
Era l'uomo ispirato: in sé cresceva, raggiungendo il silenzio delle origini. La sua gioia trovava Dio già pronto: io toglieva dall'ombra dell'arcano, per alzarlo tremando nella luce!