Poesie di Pietro Saglimbeni

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Scritta da: Pietro Saglimbeni

Pedestri Terrestri

La lingua dell'onda spumeggiante
vivo velo di tempo immemorabile
ha cancellato le anfibie impronte
le tracce di pesci danzanti innamorati
di fertili lune
i graffiti sinuosi di rettili fuggiti
da paradisi perduti...

così la schiuma del tempo dimenticherà i tuoi passi sulla spiaggia di Maggio e cancellerà le tue orme
dalla faccia della terra;

i piedi nudi
soltanto i semplici nudi piedi saranno i testimoni del tuo cammino:

dal calcagno umano di Achille al divino alluce di Marilyn
antica misura di piccoli passi
e grandi salti nel buio;
il tarso e il metatarso flessi
per sentieri e strade lastricate

dalla polvere di Maratona in guerra alle maratone di pace
su ponti e viali di città;
il piede esalta e coniuga

la falange dorata
alla falangetta d'argento
con la falangina di bronzo
così calcheremo mondo dopo mondo, noi pedestri e terrestri.
Pietro Saglimbeni
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    Scritta da: Pietro Saglimbeni

    Homo Nominans

    Un certo giorno, di un certo anno, un certo Dio
    prese per mano il figliolo prediletto e lo portò
    sulla più alta montagna della terra; tanto alta
    che da lassù s'intravedevano, da un versante
    e dall'altro, i fianchi arrotondati del globo.

    Figliolo, gli disse, guarda le cose a vista e quelle
    nascoste; ammira gli animali e le piante, i mari,
    gli estesi territori e i fiumi in corsa; cerca nel cielo,
    fruga nell'acqua. Un giorno figliolo tutto questo sarà come te stesso: ma dovrai nominare ogni cosa.

    Il figlio guardava il padre che parlava: non guardare
    me, non nominare me! Che sono colui che sono! Che ho
    chiamato il cielo, cielo! E la terra, terra! Che ti chiamo: Adamah, per come sei, dalla terra venuto che alla terra
    ritornerà. Adesso tu continua: tu, dagli un nome!

    Ammutolito Adamah ruminava pensieri, tra se e se
    misurava il fiato; mormorava, balbettava. Nella bocca
    di un uomo, per prima volta, il vento si faceva parola:... mh... mum... mem... mam... mamm... mamma!
    La voce umana echeggiò ed errò così di valle in valle.

    Adamah e i suoi eredi andarono battezzando l'universo; chiamando il pane pane e il vino vino riempirono così i granai, le botti e i dizionari; costruirono muri di città e immense torri; fruttificarono alberi di melo e di banano; separarono madre da metro; e puntarono verso l'infinito.

    Fu dato un nome ai compagni di viaggio, ai terrestri fratelli di vita che poterono gracidare, ululare, cinguettare;
    il leone volle ruggire ed il gatto miagolare; mentre l'aratro
    solcava la terra e la nave il mare; così la ruota strideva
    e cigolava sul selciato e l'aereo poteva rombare nell'aria.

    Le parole cominciarono a volare con ali proprie: fiorirono idiomi per tutta la terra che seminarono versi, inni e canti;
    lanciarono al vento qualche incomprensione e troppo spesso raccolsero tempeste. I nomi si fecero Cesari e furono guerre;
    si dissero Joshua o Gandhi dando agli umani segni di pace.

    Nel nome lapidario del nome, non dimenticare nessun nome;
    ama ogni nome come te stesso; e il sospirato fiato sia ricordato.
    Verbo del verbo che diviene carne; che completa l'equazione nell'evoluzione: il corpo umano, sia parola. Mongolfiera pindarica, stradivario galvanizzato nell'algoritmo complesso del tuo nome.
    Pietro Saglimbeni
    Composta nel 2007
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      Scritta da: Pietro Saglimbeni

      Shoah infinita

      Adorno di orrori il mondo nega la parola alla poesia
      alla vita incenerita che cerca la verità nel cielo;

      dietro quel cancello scuro, dietro quelle scure parole:
      -Arbeit macht frei - vi rende liberi il lavoro, si maschera

      ingannevole la morte; in fumo la vita disprezzata
      numerata nella banalità del male; negato il nome

      lasciata ogni speranza: bambini in prima fila cantano nell'assurdo gioco che uccide; un bimbo che ride è lirica,

      un bimbo spaventato poesia epica: che poesia è la vita!

      Adorno di barbarie il continente brucia libri e persone
      stupra e tortura parole nella lingua di nobili poeti e

      quanti, filosofi e musicisti, si rivoltano nelle tombe
      cercano una torre alta e giù da lì verso il cielo di fumo;

      dies irae, dies illae! Da dove verrà il giorno che ci liberi
      dal male? Suoneranno le trombe che scoperchieranno

      le pesanti lapidi dei celesti cimiteri, e ritorneranno i nomi
      come libere parole, quelle parole che liberano dal male

      -Alle Menschen werden Bruder - tutti i nati siano fratelli
      la voce fraterna di Friedrich Schiller s'alza negli stessi cieli

      che berranno fuoco e fiamme e il latte nero della morte;
      prima che il fratello poeta Paul Celan in solitudine cosmica

      trovi un ponte alto sulla Senna da dove possa a piene mani lanciare versi e vedere fiorire e passare la rosa di nessuno

      ch'è negli occhi di tutti: vera poesia che vive!
      Pietro Saglimbeni
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