Le migliori poesie di Pablo Neruda

Poeta, diplomatico e politico, nato martedì 12 luglio 1904 a Parral (Cile), morto domenica 23 settembre 1973 a Santiago del Cile (Cile)
Questo autore lo trovi anche in Frasi & Aforismi e in Frasi per ogni occasione.

Scritta da: Cheope

In te la terra

Piccola
rosa,
rosa piccina,
a volte,
minuta e nuda,
sembra
che tu mi stia in una
mano,
che possa rinchiuderti in essa
e portarti alla bocca,
ma
d'improvviso
i miei piedi toccano i tuoi piedi e la mia bocca le tue labbra,
sei cresciuta,
le tue spalle salgono come due colline,
i tuoi seni si muovono sul mio petto,
il mio braccio riesce appena a circondare la sottile
linea di luna nuova che ha la tua cintura:
nell'amore come acqua di mare ti sei scatenata:
misuro appena gli occhi più ampi del cielo
e mi chino sulla tua bocca per baciare la terra.
Pablo Neruda
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    Scritta da: Saeglopur

    Ode all'autunno

    Modesto è l'autunno, come i taglialegna.
    Costa molto togliere tutte le foglie
    da tutti gli alberi di tutti i paesi.
    La primavera le cucì in volo
    e ora bisogna lasciarle cadere
    come se fossero uccelli gialli:
    Non è facile.
    Serve tempo.
    Bisogna correre per le strade,
    parlare lingue,
    svedese, portoghese,
    parlare la lingua rossa,
    quella verde.
    Bisogna sapere
    tacere in tutte le lingue
    e dappertutto, sempre,
    lasciare cadere,
    cadere,
    lasciare cadere,
    cadere le foglie.
    Difficile è essere autunno,
    facile essere primavera.
    Accendere tutto quel che è nato
    per essere acceso.
    Spegnere il mondo, invece,
    facendolo scivolare via
    come se fosse un cerchio di cose gialle,
    fino a fondere odori, luce, radici,
    e a far salire il vino all'uva,
    coniare con pazienza l'irregolare moneta
    della cima dell'albero
    e spargerla dopo
    per disinteressate strade deserte,
    è compito di mani virili.
    Pablo Neruda
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      Scritta da: Valeria S

      È oggi

      È oggi: tutto l'ieri andò cadendo
      entro dita di luce e occhi di sogno,
      domani arriverà con passi verdi:
      nessuno arresta il fiume dell'aurora.
      Nessuno arresta il fiume delle tue mani,
      gli occhi dei tuoi sogni, beneamata,
      sei tremito del tempo che trascorre
      tra luce verticale e sole cupo,
      e il cielo chiude su te le sue ali
      portandoti, traendoti alle mie braccia
      con puntuale, misteriosa cortesia.
      Per questo canto il giorno e la luna,
      il mare, il tempo, tutti i pianeti,
      la tua voce diurna e la tua pelle notturna.
      Pablo Neruda
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        Scritta da: Valeria S

        Chino sulle sere

        Chino sulle sere tiro le mie tristi reti
        ai tuoi occhi oceanici.

        Lì si distende e arde nel più alto fuoco
        la mia solitudine che fa girare le braccia come un naufrago.

        Faccio rossi segnali ai tuoi occhi assenti
        che ondeggiano come il mare sulla riva di una faro.

        Conservi solo tenebre, donna distante e mia,
        dal tuo sguardo emerge a volte la costa del terrore.

        Chino sulle sere getto le mie tristi reti
        in quel mare che scuote i tuoi occhi oceanici.

        Gli uccelli notturni beccano le prime stelle
        che scintillano come la mia anima quando ti amo.

        Galoppa la notte sulla sua cavalla cupa
        spargendo spighe azzurre sul prato.
        Pablo Neruda
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          Il vento è un cavallo:
          senti come corre
          per il mare, per il cielo.

          Vuol portarmi via: senti
          come percorre il mondo
          per portarmi lontano.

          Nascondimi tra le tue braccia
          per questa notte sola,
          mentre la pioggia rompe
          contro il mare e la terra
          la sua bocca innumerevole.

          Senti come il vento
          mi chiama galoppando
          per portarmi lontano.

          Con la tua fronte sulla mia fronte,
          con la tua bocca sulla mia bocca,
          legati i nostri corpi,
          all’amore che che brucia,
          lascia che il vento passi
          senza che possa portarmi via.

          Lascia che il vento corra
          coronato di spuma,
          che mi chiami e mi cerchi
          galoppando nell’ombra,
          mentre, sommerso,
          sotto i tuoi grandi occhi,
          per questa notte sola
          riposerò, amor mio.
          Pablo Neruda
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            Forse sono ferito senza sanguinare

            Forse sono ferito senza sanguinare
            da un raggio della tua vita
            e a mezza selva mi trattiene l'acqua:
            la pioggia che cade col suo cielo.

            Allora tocco il cuore madido:
            lì so che i tuoi occhi penetrarono
            la regione estesa del dolore
            e un sussurro d'ombra sorge solo:

            Chi è? Chi è? Ma non ebbe nome
            la foglia o l'acqua oscura che palpita
            a mezza selva, sorda, sul cammino,

            e così, amor mio, seppi che fui ferito
            e lì nessuno parlava, solo l'ombra,
            la notte errante, il bacio della pioggia.
            Pablo Neruda
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              Chiedo silenzio

              Ora, lasciatemi tranquillo
              Ora, abituatevi senza di me.
              Io chiuderò gli occhi.
              E voglio solo cinque cose,
              cinque radici preferite.
              Uno è l'amore senza fine.
              La seconda è vedere l'autunno.
              Non posso vivere senza vedere che le foglie
              volino e tornino alla terra.
              La terza è il grave inverno,
              la pioggia che ho amato, la carezza
              del fuoco nel freddo silvestre.
              La quarta cosa è l'estate
              rotonda come un'anguria.
              La quinta cosa sono i tuoi occhi.
              Matilde mia, bene amata,
              non voglio dormire senza i tuoi occhi,
              non voglio esistere senza che tu mi guardi:
              io muto la primavera
              perché tu continui a guardarmi.
              Amici, questo è ciò che voglio,
              È quasi nulla e quasi tutto.
              Pablo Neruda
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                Scritta da: Marianna Mansueto

                Sete di te m'incalza

                Sete di te m'incalza nelle notti affamate.
                Tremula mano rossa che si leva fino alla tua vita.
                Ebbra di sete, pazza di sete, sete di selva riarsa.
                Sete di metallo ardente, sete di radici avide.
                Verso dove, nelle sere in cui i tuoi occhi non vadano
                in viaggio verso i miei occhi, attendendoti allora.

                Sei piena di tutte le ombre che mi spiano.
                Mi segui come gli astri seguono la notte.
                Mia madre mi partorì pieno di domande sottili.
                Tu a tutte rispondi. Sei piena di voci.
                Ancora bianca che cadi sul mare che attraversiamo.
                Solco per il torbido seme del mio nome.
                Esista una terra mia che non copra la tua orma.
                Senza i tuoi occhi erranti, nella notte, verso dove.

                Per questo sei la sete e ciò che deve saziarla.
                Come poter non amarti se per questo devo amarti.
                Se questo è il legame come poterlo tagliare, come.
                Come, se persino le mie ossa hanno sete delle tue ossa.
                Sete di te, sete di te, ghirlanda atroce e dolce.
                Sete di te, che nelle notti mi morde come un cane.
                Gli occhi hanno sete, perché esistono i tuoi occhi.
                La bocca ha sete, perché esistono i tuoi baci.
                L'anima è accesa di queste braccia che ti amano.
                Il corpo, incendio vivo che brucerà il tuo corpo.
                Di sete. Sete infinita. Sete che cerca la tua sete.
                E in essa si distrugge come l'acqua nel fuoco.
                Pablo Neruda
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                  Scritta da: Elisa Iacobellis

                  Corpo di donna...

                  Corpo di donna, bianche colline, cosce bianche,
                  assomigli al mondo nel tuo gesto di abbandono.
                  Il mio corpo di rude contadino ti scava
                  e fa scaturire il figlio dal fondo della terra.

                  Fui solo come un tunnel. Da me fuggivano gli uccelli
                  e in me irrompeva la notte con la sua potente invasione.
                  Per sopravvivere a me stesso ti forgiai come un'arma,
                  come freccia al mio arco, come pietra per la mia fionda.

                  Ma viene l'ora della vendetta, e ti amo.
                  Corpo di pelle, di muschio, di latte avido e fermo.
                  Ah le coppe del seno! Ah gli occhi d'assenza!
                  Ah le rose del pube! Ah la tua voce lenta e triste!

                  Corpo della mia donna, resterò nella tua grazia.
                  Mia sete, mia ansia senza limite, mio cammino incerto!
                  Rivoli oscuri dove la sete eterna rimane,
                  e la fatica rimane, e il dolore infinito.
                  Pablo Neruda
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                    Scritta da: Marco Giannetti
                    Qui ti amo.
                    Negli oscuri pini si districa il vento.
                    Brilla la luna sulle acque erranti.
                    Trascorrono giorni uguali che s'inseguono.

                    La nebbia si scioglie in figure danzanti.
                    Un gabbiano d'argento si stacca dal tramonto.
                    A volte una vela. Alte, alte stelle.

                    O la croce nera di una nave.
                    Solo.
                    A volte albeggio, ed è umida persino la mia anima.
                    Suona, risuona il mare lontano.
                    Questo è un porto.
                    Qui ti amo.

                    Qui ti amo e invano l'orizzonte ti nasconde.
                    Ti sto amando anche tra queste fredde cose.
                    A volte i miei baci vanno su quelle navi gravi,
                    che corrono per il mare verso dove non giungono.
                    Mi vedo già dimenticato come queste vecchie àncore.
                    I moli sono più tristi quando attracca la sera.

                    La mia vita s'affatica invano affamata.
                    Amo ciò che non ho. Tu sei cosi distante.
                    La mia noia combatte con i lenti crepuscoli.
                    Ma la notte giunge e incomincia a cantarmi.
                    La luna fa girare la sua pellicola di sogno.

                    Le stelle più grandi mi guardano con i tuoi occhi.
                    E poiché io ti amo, i pini nel vento
                    vogliono cantare il tuo nome con le loro foglie di filo metallico.
                    Pablo Neruda
                    Composta giovedì 13 dicembre 2012
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