Le migliori poesie di Nazim Hikmet

Poeta, drammaturgo e scrittore, nato mercoledì 20 novembre 1901 a Salonicco (Grecia), morto lunedì 3 giugno 1963 a Mosca (Federazione Russa)
Questo autore lo trovi anche in Frasi & Aforismi.

Scritta da: Patty Diphusa
La tua anima è un fiume, mio amore
scorre in alto tra le montagne
tra le montagne verso la piana
verso la piana senza poterla raggiungere
senza raggiungere il sonno dei salici piangenti
la quiete dei larghi archi di ponte
dell’erbe acquatiche dell’anatre della testa verde
senza raggiungere la dolcezza triste delle superfici piane
senza raggiungere i campi di grano al chiaro di luna
scorre verso la piana
scorre in alto tra le montagne
il sole azzurro delle nevi delle montagne
scorre schiumeggiando mescolando nel fondo le pietre nere
con quelle bianche
scorre coi suoi pesci che nuotano contro corrente
vigili nelle curve
s’inabissa e s’inalbera
pazza del proprio fragore
scorre in alto tra le montagne
tra le montagne verso la piana
verso la piana inseguendola
senza poterla raggiungere.
Nazim Hikmet
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    Scritta da: Elisa Iacobellis

    Ciò che ho scritto di noi

    Ciò che ho scritto di noi è tutta una bugia
    è la mia nostalgia
    cresciuta sul ramo inaccessibile
    è la mia sete
    tirata su dal pozzo dei miei sogni
    è il disegno
    tracciato su un raggio di sole

    ciò che ho scritto di noi è tutta verità
    è la tua grazia
    cesta colma di frutti rovesciata sull'erba
    è la tua assenza
    quando divento l'ultima luce all'ultimo angolo della via
    è la mia gelosia
    quando corro di notte fra i treni con gli occhi bendati
    è la mia felicità
    fiume soleggiato che irrompe sulle dighe

    ciò che ho scritto di noi è tutta una bugia
    ciò che ho scritto di noi è tutta verità.
    Nazim Hikmet
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      Scritta da: Silvana Stremiz

      Mehmet

      Da una parte gli aguzzini ci separano come un muro.
      Dall'altra questo cuore sciagurato mi ha fatto un brutto scherzo,
      mio piccolo,
      mio Mehmet,
      forse il destino m'impedirà di rivederti.
      Sarai un ragazzo, lo so,
      simile alla spiga di grano:
      biondo, snello, alto di statura.
      Ero così quand'ero giovane.
      I tuoi occhi saranno vasti come quelli di tua madre,
      con dentro talvolta uno strascico amaro di tristezza.
      Avrai una bella voce,
      la mia era atroce.
      La tua fronte sarà chiara.
      Le canzoni che canterai spezzeranno i cuori.
      Sarai un conversatore brillante.
      In questo ero maestro anch'io,
      quando la gente non m'irritava i nervi.
      Dalle tue labbra colerà il miele.
      Ah Mehmet,
      quanti cuori spezzerai!
      Non dare pena a tua madre.
      Tua madre, forte e dolce come la seta,
      sarà bella anche all'età delle nonne,
      come il primo giorno che la vidi.
      Aveva 17 anni,
      sulle rive del Bosforo.
      Era il chiaro di luna,
      era il chiaro del giorno,
      era simile a una susina dorata.
      Tua madre un giorno, come al solito, ci siamo lasciati:
      a stasera!
      Era per non rivederci mai più.
      Tua madre nella sua bontà
      la più saggia delle madri.
      Non ho paura di morire, figlio mio.
      Eppure malgrado tutto
      a volte trasalisco di colpo.
      Contare i giorni difficile.
      Non ci si può saziare della vita, Mehmet,
      non ci si può saziare.
      Non vivere a questo mondo come un inquilino.
      Vivi su questa terra come se fosse la casa di tuo padre.
      La nostra terra, la Turchia,
      un bel paese tra gli altri paesi,
      e i suoi uomini,
      quelli di buona lega,
      sono lavoratori pensosi e coraggiosi
      e atrocemente miserabili.
      Tu, il futuro,
      lo vedrai coi tuoi occhi,
      lo toccherai con le tue mani.
      Io forse morirò lontano dalla mia lingua,
      dalle mie canzoni,
      dal mio sale, dal mio pane,
      sentendo la nostalgia di tua madre e di te.
      Mehmet, piccolo mio,
      me ne vado. Sono calmo.
      La vita che si disperde in me si ritroverà in te,
      per lungo tempo.
      Nazim Hikmet
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        Scritta da: Silvana Stremiz

        Benvenuta, donna mia, benvenuta!

        Benvenuta, donna mia, benvenuta!

        Certo sei stanca
        come potrò lavarti i piedi
        non ho acqua di rose né catino d'argento

        certo avrai sete
        non ho una bevanda fresca da offrirti

        certo avrai fame
        e io non posso apparecchiare
        una tavola con lino candido

        la mia stanza è povera e prigioniera
        come il nostro paese.

        Benvenuta, donna mia, benvenuta!

        Hai posato il piede nella mia cella
        e il cemento è divenuto prato

        hai riso
        e rose hanno fiorito le sbarre

        hai pianto
        e perle son rotolate sulle mie palme

        ricca come il mio cuore
        cara come la libertà
        è adesso questa prigione.

        Benvenuta, donna mia, benvenuta!
        Nazim Hikmet
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          Scritta da: Silvana Stremiz

          La notte

          Una cotonata a quadretti blu copre il tavolo
          e sopra, senza menzogne, sorridenti, arditi
          stanno i nostri libri.
          Sono un prigioniero, madre mia,
          che ritorna al paese
          da una fortezza nemica.
          È l'una di notte
          la lampada è ancora accesa.
          Al mio fianco è coricata mia moglie
          mia moglie
          incinta di cinque mesi.
          Quando la mia carne tocca la sua
          quando le poso la mano sul ventre
          il bimbo si muove un poco.
          Sul ramo la foglia
          nell'acqua il pesce
          nella matrice il piccolo dell'uomo. Mio piccolo.
          La camiciola di lana rosa
          per il mio bambino
          l'ha sferruzata sua madre
          è grande come la mia mano
          con le maniche appena così.
          Mio piccolo.
          Se sarà femmina
          voglio che sia sua madre dalla testa ai piedi,
          s'è maschio, che sia della mia statura.
          S'è femmina, che abbia gli occhi verde dorato
          s'è maschio, azzurri.
          Mio piccolo.
          Non voglio che a vent'anni t'ammazzino
          se sei maschio, al fronte
          se sei femmina, dentro qualche rifugio, di notte.
          Mio piccolo.
          Femmina o maschio
          a qualsiasi età
          non voglio che tu conosca il carcere
          per essere stato dalla parte del giusto
          del bello, della pace.
          Ma so bene
          figlia mia
          o figlio mio
          che se il sole tarderà molto a sorgere
          dalle acque
          dovrai combattere e anche...
          Insomma oggi, da noi, è un ben duro mestiere
          essere padre.

          È l'una di notte.
          La lampada non l'abbiamo ancora spenta.
          Tra mezz'ora forse, forse verso il mattino
          la mia casa conoscerà
          ancora un'altra irruzione della polizia
          e mi porteranno via, prenderò con me qualche libro.
          I questurini della politica
          mi prenderanno in mezzo
          e io mi volterò indietro a guardare:
          mia moglie sarà sulla soglia
          davanti alla porta
          il vento del mattino
          gonfierà la sua gonna
          e nel suo ventre pesante
          il bambino si muoverà un poco.
          Nazim Hikmet
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            Scritta da: Silvana Stremiz

            Angina pectoris

            Se qui c'è la metà del mio cuore, dottore,
            l'altra metà sta in Cina
            nella lunga marcia verso il Fiume Giallo.
            E poi ogni mattina, dottore,
            ogni mattina all'alba
            il mio cuore lo fucilano in Grecia.
            E poi, quando i prigionieri cadono nel sonno
            quando gli ultimi passi si allontanano
            dall'infermeria
            il mio cuore se ne va, dottore,
            se ne va in una vecchia casa di legno, a Istanbul.
            E poi sono dieci anni, dottore,
            che non ho niente in mano da offrire al mio popolo
            niente altro che una mela
            una mela rossa, il mio cuore.
            È per tutto questo, dottore,
            e non per l'arteriosclérosi, per la nicotina, per la prigione,
            che ho quest'angina pectoris.
            Guardo la notte attraverso le sbarre
            e malgrado tutti questi muri
            che mi pesano sul petto
            il mio cuore batte con la stella più lontana.
            Nazim Hikmet
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              Scritta da: Silvana Stremiz

              Foglie morte

              Veder cadere le foglie mi lacera dentro
              soprattutto le foglie dei viali
              soprattutto se sono ippocastani
              soprattutto se passano dei bimbi
              soprattutto se il cielo è sereno
              soprattutto se ho avuto, quel giorno, una buona notizia
              soprattutto se il cuore, quel giorno, non mi fa male
              soprattutto se credo, quel giorno, che quella che amo mi ami
              soprattutto se quel giorno mi sento d'accordo con gli uomini e con me stesso
              veder cadere le foglie mi lacera dentro
              soprattutto le foglie dei viali dei viali d'ippocastani.
              Nazim Hikmet
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                Scritta da: Silvana Stremiz

                Anche questa mattina mi sono svegliato

                Anche questa mattina mi sono svegliato
                e il muro la coperta i vetri la plastica il legno
                si sono buttati addosso a me alla rinfusa
                e la luce d'argento annerito della lampada

                mi si è buttato addosso anche un biglietto di tram
                e il giallo della parete e tre righe di scritto
                e la camera d'albergo e questo paese nemico
                e la metà del sogno caduta da questo lato s'è spenta

                mi si è buttata addosso la fronte bianca del tempo
                e i ricordi più vecchi e la tua assenza nel letto
                e la nostra separazione e quello che siamo

                mi sono svegliato anche questa mattina
                e ti amo.
                Nazim Hikmet
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                  Scritta da: Silvana Stremiz

                  Rubai

                  È l'alba. S'illumina il mondo
                  come l'acqua che lascia cadere sul fondo
                  le sue impurità. E sei tu, all'improvviso
                  tu, mio amore, nel chiarore infinito
                  di fronte a me.

                  Giorno d'inverno, senza macchia, trasparente
                  come vetro. Addentare la polpa candida e sana
                  d'un frutto. Amarti, mia rosa, somiglia
                  all'aspirare l'aria in un bosco di pini.

                  Chi sa, forse non ci ameremmo tanto
                  se le nostre anime non si vedessero da lontano
                  non saremmo così vicini, chi sa,
                  se la sorte non ci avesse divisi.

                  È così, mio usignolo, tra te e me
                  c'è solo una differenza di grado:
                  tu hai le ali e non puoi volare
                  io ho le mani e non posso pensare.

                  Finito, dirà un giorno madre Natura
                  finito di ridere e di piangere
                  e sarà ancora la vita immensa
                  che non vede non parla non pensa.
                  Nazim Hikmet
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