Scritta da: Eclissi

Cos'era

Era impossibile da immaginare, impossibile
da non immaginare; la sua azzurrezza, l'ombra che lasciava,
che cadeva, riempiva l'oscurità del proprio freddo,
il suo freddo che cadeva fuori da se stesso, fuori da qualsiasi idea
di sé descrivesse nel cadere; un qualcosa, una minuzia,
una macchia, un punto, un punto in un punto, un abisso infinito
di minuzia; una canzone, ma meno di una canzone, qualcosa che
affoga in sé, qualcosa che va, un'alluvione di suono, ma meno
di un suono; la sua fine, il suo vuoto,
il suo tenero, piccolo vuoto che colma la sua eco, e cade,
e si alza, inavvertito, e cade ancora, e così sempre,
e sempre perché, e solo perché, essendo stato, era...

Era l'inizio di una sedia;
era il divano grigio; era i muri,
il giardino, la strada di ghiaia; era il modo in cui
i ruderi di luna le crollavano sulla chioma.
Era quello, ed era altro ancora; era il vento che azzannava
gli alberi; era la congerie confusa di nubi, la bava
di stelle sulla riva. Era l'ora che pareva dire
che se sapevi in che punto esatto del tempo si era, non avresti
mai più chiesto nulla. Era quello. Senz'altro era quello.
Era anche l'evento mai avvenuto – un momento tanto pieno
che quando se ne andò, come doveva, nessun dolore riusciva
a contenerlo. Era la stanza che pareva la stessa
dopo tanti anni. Era quello. Era il cappello
dimenticato da lei, la penna che lei lasciò sul tavolo.
Era il sole sulla mia mano. Era il caldo del sole. Era come
sedevo, come attendevo per ore, per giorni. Era quello. Solo quello.
Mark Strand
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    Scritta da: Eclissi

    Mare nero

    Una notte chiara, mentre gli altri dormivano, ho salito
    le scale fino al tetto della casa e sotto un cielo
    fitto di stelle ho scrutato il mare, la sua distesa,
    il moto delle sue creste spazzate dal vento, divenire
    come pezzi di trina gettati in aria. Sono rimasto nella lunga
    notte piena di sussurri, aspettando qualcosa, un segno, l'avvicinarsi
    di una luce lontana, e ho immaginato che tu venivi vicino,
    le onde scure dei tuoi capelli mescolarsi col mare,
    e l'oscurità è divenuta desiderio, e desiderio la luce che approssimava.
    La vicinanza, il calore momentaneo di te mentre rimanevo
    su quell'altezza solitaria guardando il lento gonfiarsi del mare
    rompersi sulla riva e in breve mutare in vetro e scomparire...
    Perché ho creduto che saresti venuta uscita dal nulla? Perché con tutto
    quello che il mondo offre saresti venuta solo perché io ero qui?
    Mark Strand
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      Scritta da: Silvana Stremiz

      Poesia

      Si intrufola dalla porta di servizio,
      di soppiatto oltrepassa la cucina,
      il salotto, l'ingresso,
      sale le scale ed entra
      in camera. Si china
      sul mio letto e dice che è venuto
      a uccidermi. L'opera
      la compirà a stadi.

      Prima le unghie dei piedi
      verranno spuntate, poi
      gli alluci eccetera fino
      a che nulla rimanga di me.
      Stacca uno strumentucolo
      dal portachiavi, e inizia.
      Sento il Lago dei Cigni dallo stereo
      di un vicino e comincio a canticchiare.

      Quanto tempo trascorra,
      non so dire. Ma quando torno in me
      sento che dice di essere al collo
      e che non è in grado di continuare
      perché è stanco. Gli dico
      che ha fatto abbastanza,
      che dovrebbe rincasare, riposare.
      Mi ringrazia e se ne va.

      Resto sempre stupefatto
      da quanto si accontenti di poco
      certa gente.
      Mark Strand
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