Dolce era il seme dell'uomo come un latte materno dimenticato, e più se mi avesse abbracciato per amore e non solo per gioco o per angoscia di un passato perdente, di un passaggio – diceva – irrilevante, o per la cecità di tutti i sogni che quasi senza vita dipingeva. Dolce era il viso dell'uomo che recitava amore sui cuscini con tenera sapienza, ed ingannava persino me, che il gioco conoscevo.
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