Perché mi chiedi del dolore? Lo sai. Non chiedere. Quando la tua terra trema e io mi ritrovo alle pendici delle tue urla. Quando, tra le crepe, mi vedo insinuata tra le fessure e muoio di siccità. Di tutte le volte che son rimasta spogliata, la volta che mi sono sentita più nuda è stato quando più non mi guardavi e i muri di casa sono diventati specchi a riflettermi la vergogna. Spogliarsi per nessuno e spogliata d'ogni cosa. Anche le ossa in vista. E gli organi. Ma le mie mani non sono le tue. E i vestiti in terra somigliano a una carcassa. Non chiedermi dell'ovvio, delle cose che già sai, delle risposte che ti sei dato, né di quelle che non mi dai quando sono io a chiederti. Le tue parole mi fanno gioco e smorzano le mie. Mi rimani nel tempo che va tra gli occhi che si aprono e che si chiudono. E quando non ci sei, l'attesa mi somiglia alla cinta troppo stretta in vita. Non voglio essere "quella dell'ultima volta", ma voglio appuntamenti a ogni stagione, anche quando la sensazione dell'esserci persi di vista sarà sabotata dal vederci casuale anche se casuale non è mai. Incontriamoci il ventuno d'ogni primavera e quando farà troppo caldo, andiamo al mare. Sarà un autunno da ricordare per tutto l'inverno. Sfuggiamoci per renderci indimenticabili. Io ti dimentico come chi non dimentica.
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