Se saprai starmi vicino, e potremo essere diversi, se il sole illuminerà entrambi senza che le nostre ombre si sovrappongano, se riusciremo ad essere "noi" in mezzo al mondo e insieme al mondo, piangere, ridere, vivere.
Se ogni giorno sarà scoprire quello che siamo e non il ricordo di come eravamo, se sapremo darci l'un l'altro senza sapere chi sarà il primo e chi l'ultimo se il tuo corpo canterà con il mio perché insieme è gioia...
Allora sarà amore e non sarà stato vano aspettarsi tanto.
Immobili sul muro addentano il calore del sole sbirciando i confini del mondo. Un ombra un gesto scioglie il momento e scattano dove non giungeranno mai.
Inquietante l'ambizione umana. Commovente la puerilità dei saggi. Infamante la costrizione alla religione. Non solo hanno censito la casistica dei peccati il militarismo della fede le norme della perfezione ma sfinimento intellettuale hanno preteso fornirci anche la gradazione delle formule divine.
Ti amo con l'ingenuità di un bambino, ti amo con la forza di un uomo, ti amo per la volontà del mio destino, ti amo così. Più ti guardo, più ti parlo e più mi piaci. Sei la forza la ragione del mio domani sono certo dolce amor che con gioia mi darai le carezze che non ho avuto mai. Più ti guardo, più ti parlo e più mi piaci. Mi confondo e mi perdo nei tuoi baci ma se un dì sulla terra ti perderò io lo so fra le stelle, fra le stelle t'incontrerò.
Or poserai per sempre, stanco mio cor. Perì l'inganno estremo, Ch'eterno io mi credei. Perì. Ben sento, in noi di cari inganni, non che la speme, il desiderio è spento. Posa per sempre. Assai palpitasti. Non val cosa nessuna i moti tuoi, né di sospiri è degna la terra. Amaro e noia la vita, altro mai nulla; e fango è il mondo. T'acqueta omai. Dispera l'ultima volta. Al gener nostro il fato non donò che il morire. Omai disprezza te, la natura, il brutto poter che, ascoso, a comun danno impera, E l'infinita vanità del tutto.
Il mio funerale partirà dal nostro cortile? Come mi farete scendere giù dal terzo piano? La bara nell'ascensore non c'entra e la scala è tanto stretta.
Il cortile sarà, forse, pieno di sole, di piccioni forse nevicherà, i bambini giocheranno strillando forse sull'asfalto bagnato cadrà la pioggia e al solito ci saranno i bidoni per l'immondezza.
Se mi tiran su nel furgone col viso scoperto, come usa qui, forse mi cadrà in fronte qualcosa di un piccione, porta fortuna, che ci sia o no la fanfara, i bambini accorreranno i bambini sono sempre curiosi dei morti.
La finestra della nostra cucina mi seguirà con lo sguardo il nostro balcone mi accompagnerà col bucato steso. Sono stato felice in questo cortile, pienamente felice. Vicini miei del cortile, vi auguro lunga vita, a tutti.
Anima mia chiudi gli occhi piano piano e come s'affonda nell'acqua immergiti nel sonno nuda e vestita di bianco il più bello dei sogni ti accoglierà. Anima mia chiudi gli occhi piano piano abbandonati come nell'arco delle mie braccia nel tuo sonno non dimenticarmi chiudi gli occhi pian piano i tuoi occhi marroni dove brucia una fiamma verde anima mia.
Il bambino ha cento lingue cento mani cento pensieri cento modi di pensare di giocare e di parlare
cento sempre cento modi di ascoltare di stupire di amare cento allegrie per cantare e capire
cento mondi da scoprire cento mondi da inventare cento mondi da sognare.
Il bambino ha cento lingue (e poi cento cento cento) ma gliene rubano novantanove.
Gli dicono: di pensare senza mani di fare senza testa di ascoltare e di non parlare di capire senza allegrie di amare e di stupirsi solo a Pasqua e a Natale.
Gli dicono: di scoprire il mondo che già c’è e di cento gliene rubano novantanove.
Gli dicono: che il gioco e il lavoro la realtà e la fantasia la scienza e l’immaginazione il cielo e la terra la ragione e il sogno sono cose che non stanno insieme.
Gli dicono insomma che il cento non c’è. Il bambino dice: invece il cento c’è.
Poiché io ben sento che negli alti cieli gli angeli, bisbigliando l'uno all'altro, parola non trovano, fra i loro ardenti accenti, che sia più devota di quella di "madre" io già da tempo a te ho dato quel caro nome - a te che più che madre mi sei e che mi ricolmi il cuore, dove Morte t'installò, lo spirito liberando, al contempo, della mia Virginia. La mia propria madre, che così presto mi lasciò, non fu che di me solo madre; ma tu sei madre di colei che io così caramente ho amato: sicché a me più cara tu sei dell'altra per quell'infinita via per cui la mia sposa fu alla mia anima più cara che la vita stessa.
Questo mio bacio accogli sulla fronte! E, da te ora separandomi, lascia che io ti dica che non sbagli se pensi che furono un sogno i miei giorni; e, tuttavia, se la speranza volò via in una notte o in un giorno, in una visione o in nient'altro, è forse per questo meno svanita? Tutto quello che vediamo, quel che sembriamo non è che un sogno dentro un sogno.
Sto nel fragore di un lido tormentato dalla risacca, stringo in una mano granelli di sabbia dorata. Soltanto pochi! E pur come scivolano via, per le mie dita, e ricadono sul mare! Ed io piango - io piango! O Dio! Non potrò trattenerli con una stretta più salda? O Dio! Mai potrò salvarne almeno uno, dall'onda spietata? Tutto quel che vediamo, quel che sembriamo non è che un sogno dentro un sogno?