Figli del caos

Capitolo: 2
Narro di un mondo. Un enorme formicaio.
Come detto siamo uomini, liberi e sapienti, almeno per le nostre capacità.
Ci facciamo profeti della terra che giunge sino alla punta del nostro naso.
Una terra sempre verde, dove immagazziniamo tutto ciò che di decente creiamo, o meglio modifichiamo.
Si pensa troppo spesso che l'immagine moderna dell'umanità sia macchiata solo del candido bianco che ognuno di noi crea ogni qual volta fa qualcosa al di sopra della vergogna umana.
Guarda qualsiasi altro, non noterai mai questa egoistica solitudine che tratteggia l'uomo.
Siamo bestie socievolmente sole, abbiamo bisogno degli altri come gradino di lancio per un nostro ipotetico futuro; non ci rendiamo conto, però, che tutto ciò porta all'accavallamento delle nostre identità.
Soffoca l'identità degli altri, contrasta la tua, illuminala, così da farla sembrare l'unico tulipano in una steppa deserta.
Questo è il comando, questo è l'input, non siamo macchine, ma ci comportiamo come mine vaganti, sempre pronte, assiduamente attive per l'esplosione.
Ragioniamo condizionati dal caos.
Ecco la realtà, ci comportiamo con un insolita casualità: un po' come i greci, per noi il caos, per loro il destino, due forze implacabili, senza che nessuno possa liberamente comportarsi.
Muoviamo passi confusi, ci sovrapponiamo come in un enorme gioco dello Shanghai, siamo retti da un improbabile forza, generata a somiglianza del disordine.
Credere, o non credere? Religioni, dei, obbligazioni, leggi, destino...
Tutte gioco-forze che reggono il bluff alla vita, cieca dal bagliore della sorte, protetta dalla coscienza di esistere.

Penso realmente, rispondo a me stesso su chi non può esprimersi...
Penso, ricordo...
Composto martedì 14 dicembre 2010

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