Il vento sbatteva le persiane contro le grandi finestre della vecchia casa. Gli alberi gemevano scossi da quelle folate che spogliavano i rami dalle ultime foglie. Confusione, dolore, incredulità. Tutto accadeva troppo in fretta e non c'era nulla che si potesse fare, nulla su cui poter ragionare. L'ambulanza arrivò, finalmente in ospedale. Nutriva una vaga consapevolezza che la sua speranza si sarebbe infranta contro la furia dell'elemento "mente umana". Una deriva di follia, bordate di dolore sordo. Era una notte buia e tempestosa nella sua mente. Era una notte buia e tempestosa nel mio cuore. L'indomani la natura sembrava voler sfogare la sua rabbia su di me. Più il vento scuoteva gli alberi, più il rumore dei tuoni si faceva assordante, più io diventavo piccolo rannicchiato nel mio letto, troppo grande ormai per me solo, e più mi sentivo abbandonato e inadeguato a questa vita. Ma una saetta squarciò la notte e quel suo chiarore mi fece aprire gli occhi e anche la mia mente vide: dovevo vivere. Fu un attimo e mi ritrovai a correre sotto la pioggia, che aveva cominciato a scrosciare come un crepitio, leggero e pronto a rimbastire le trame di una nuova vita.
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