Poesie preferite da Marina Mancaruso

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Scritta da: Gabriella Stigliano

La semplicità-vento

La semplicità è mettersi nudi davanti agli altri.
E noi abbiamo tanta difficoltà ad essere veri con gli altri.
Abbiamo timore di essere fraintesi, di apparire fragili,
di finire alla mercé di chi ci sta di fronte.
Non ci esponiamo mai.
Perché ci manca la forza di essere uomini,
quella che ci fa accettare i nostri limiti,
che ce li fa comprendere, dandogli senso e trasformandoli in energia, in forza appunto.
Io amo la semplicità che si accompagna con l'umiltà.
Mi piacciono i barboni.
Mi piace la gente che sa ascoltare il vento sulla propria pelle,
sentire gli odori delle cose,
catturarne l'anima.
Quelli che hanno la carne a contatto con la carne del mondo.
Perché lì c'è verità, lì c'è dolcezza, lì c'è sensibilità, lì c'è ancora amore.
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    Mi vengono a trovare un editore e un poeta

    Avevo appena vinto 115 dollari dai succhiacervelli e
    stavo nudo sul letto
    ascoltando un'opera di uno degli italiani
    e mi ero appena liberato di una donnaccia
    quando bussarono alla porta,
    e visto che i piedipiatti avevano fatto irruzione circa un mese prima,

    urlai piuttosto irritato -
    chi diavolo è? Che vuoi amico?
    sono il tuo editore! Rispose qualcuno urlando,
    e io strillai, non ho un editore,
    prova qui accanto, e lui rispose urlando,
    sei Charles Bukowski, vero? Mi tirai su e
    sbirciai attraverso la grata di ferro per accertarmi che non fosse un piedipiatti,

    e coprii la mia nudità con una vestaglia,
    diedi un calcio ad una lattina di birra e li invitai ad entrare,
    un editore e un poeta.
    Soltanto uno prese una birra (l'editore)
    Così io ne bevvi due per il poeta e una per me
    e loro sedevano là sudando e osservandomi
    e io sedevo là cercando di spiegare
    che non ero veramente un poeta nel senso tradizionale,
    e raccontai loro dei recinti per il bestiame e del mattatoio
    e degli ippodromi e delle condizioni di alcune nostre prigioni,
    e l'editore improvvisamente tirò fuori cinque riviste da una cartella

    e le gettò tra le lattine
    e parlammo dei Fiori del male, Rimbaud, Villon,
    e di cosa sembravano alcuni poeti moderni:
    J. B. May e Wolf the Hedley sono molto puri, unghie pulite, ecc.;
    Mi scusai per le lattine di birra, la mia barba, e tutto quello che c'era sul pavimento
    e ben presto tutti stavano sbadigliando
    e l'editore improvvisamente si alzò e io dissi,
    andate via?
    E poi l'editore e il poeta stavano uscendo dalla porta,
    e allora pensai, beh, al diavolo può non essergli piaciuto
    quello che hanno visto
    ma io non vendo lattine di birra e opera italiana e
    calze di nylon strappate sotto il letto e unghia sporche,
    io vendo rime vita e versi,
    e mi alzai e mi scolai una nuova lattina di birra
    e guardai le cinque riviste con il mio nome in copertina
    e mi chiesi cosa significasse,
    mi chiesi se scriviamo poesie o se stiamo tutti ammucchiati
    in una grande tenda
    abbracciando teste di cazzo.
    Composta mercoledì 25 settembre 2013
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      il mio amico William

      Il mio amico William è un uomo fortunato:
      non ha abbastanza immaginazione per soffrire.

      Ha conservato il suo primo impiego,
      la sua prima moglie.

      È capace di guidare per 50.000 miglia
      senza una frenata.

      Balla come un cigno
      e ha gli occhi più belli e inespressivi
      che ci siano da El Paso fino a qui.

      Il suo giardino è un paradiso,
      i tacchi delle sue scarpe sono sempre allo stesso livello
      e la sua stretta di mano è vigorosa.

      La gente gli vuol bene.

      Quando il mio amico William morirà
      non sarà certo di cancro o di pazzia,

      passerà davanti al diavolo
      per andare in paradiso.

      Stasera lo vedrete alla festa
      sorridere
      davanti al suo Martini

      beato e contento
      mentre qualcuno
      gli chiava la moglie
      nel bagno.
      Composta mercoledì 25 settembre 2013
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        Scritta da: Silvana Stremiz

        Forse un mattino

        Forse un mattino andando in un'aria di vetro,
        arida, rivolgendomi, vedrò compirsi il miracolo:
        il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro
        di me, con un terrore da ubriaco.

        Poi, come s'uno schermo, s'accamperanno di gitto
        alberi, case, colli per l'inganno consueto.
        Ma sarà troppo tardi; ed io me n'andrò zitto
        tra gli uomini che non si voltano, col mio segreto.
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