Mo vi scrivo quattro versi, dato che siete diversi, no, non froci né ricchioni: fumatori tosti e buoni, che fumate notte e giorno mentre chi vi sta d'intorno condivide il vizio audace senza mai trovare pace. Io fumavo da trent'anni nelle gioie e negli affanni respirando con fatica anche a quella vista antica (qual?, La rima ve lo dica), m'illudevo d'esser toro se ciucciavo una Marlboro, ma la resa peggiorava ogni giorno che passava. Non vi dico dei viaggi eran incubi selvaggi, sempre in cerca di un ritiro per sbafarmi qualche tiro, poi vietato dappertutto e qui venne proprio il brutto: ore e giorni d'agonia per la sigaretta mia, non potendo, come adesso, manco accenderla nel cesso. Così dissi: caro amico lascia questo vizio antico dà una svolta alla tua vita prima che sia già finita se finire devi in cenere sia per Bacco, sia per Venere, non sprecare soldi e fiato, non tossire a mozzafiato, smetti e goditi la vita, gioca nuova la partita: così feci e, non vi mento, ne son sempre più contento: se vi servono più dati meditate gli allegati.
Poesia scritta per celiosa protesta nei confronti di colleghi fumatori, del tipo che con falsa noncuranza contuinua a fumarti addosso, pur sapendo che hai preso la (per te) storica decisione.
Commenti