Ricordo ancora le lacrime che, prepotenti, solcavano il mio viso. Ricordo il loro sapore amaro, ostile. Ricordo ancora il rumore dei battiti impazziti, le grida sorde della mia anima, ormai distrutta. Ricordo il colore grigio della polvere che, come un impenetrabile velo, ricopriva sogni e giovani speranze. Ricordo il buio fitto e ostinato nel quale, a lungo, ho brancolato smarrita. Anche la solitudine ignorava la mia esistenza. Nessuna porta da aprire, nessun ricordo nella mente. Dentro me solo rabbia; giù nel profondo, nascosta e timorosa, una luce fioca. La nebbia è ancora fitta e padrona, a fatica riesco a farmi un varco. Nutro i miei occhi di quella luce. Oltre la cortina di una oscurità prepotente scorgo la consapevolezza, alleata fino ad allora sconosciuta. Guardo dentro me stessa, questa volta senza paura. Il pensiero mi riporta indietro ma la luce mi attira a se, chiudendo alle mie spalle la porta delle lacrime e del dolore. L'oscurità pian piano si lacera lasciando al vento i suoi miseri brandelli. Davanti a me il cammino da intraprendere; lungo, troppo lungo. Non so se il tempo mi basterà. Comincio il viaggio. Solo la riva di un fiume placido mi offre un po' di ristoro. Riva benevola e accogliente cui nulla sfugge. Seduta su quella riva in una giornata speciale, ho visto passare uomini e miserie. Attesa lunga, dolorosa e paziente per un soffio di verità che rafforza l'anima.
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