Oggi o domani verrei a casa tua, farei questo assurdo viaggio come tante volte pur accadde solo per infilare di straforo qualche parole nella sottile fessura che sempre ha la porta degli impostori col bene non potrei rompere o bruciare penso il divieto di rivederci che mi sono imposto da tempo. Niente, vorrei dirti, solo niente di niente. Fu detto già tutto tu non sentivi, non potevi e io non seppi parlare per il dolore che non provavo. Da quando ci siamo separati sopravviviamo, io sotto le rovine di quel tempo che mai fu, tu serpe vivente attorcigliata con l'inganno all'albero delle emozioni per addentare frutti immeritati. Ma questo mio niente che dopo di te vivido mi sostiene e si rafforza, cresce bene con l'insonnia della notte, fruttifica, si fa grande, muta la voce, e non vuole più stare solo con me, esce sempre più spesso con una lucerna a cercare il tuo niente, ancora più consistente e apparente che inutilmente nel nulla si esalta. I miei occhi pur fissarono il sole conobbero e seppero dei sui raggi non guardano più oltre adesso da che ti incrociarono l'ultima volta e non ricordano di aver visto perché dell'oscurità nulla si ricorda. A che servirebbe rivederti? Perderei il niente del mio niente. Di tutte le cose che potevo fare ne ho scelto una sola e vi ho creduto, monco di amore e di voglia di essere ripenserei alla tua pazzia al tuo cuore di marmo più gelido di un avello al bacio voluttuoso della menzogna alla lapidazione delle virtù all'odio che diurno ti acceca alla sarabanda della vanità sul proscenio dell'apparire a parole innocenti agitate a discolpa di atti che neppure un imberbe commette: tu sei il Niente che mi ha scelto per togliermi il tutto che avevi: così sia.
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