Cigolava, cigolava, cigolava di catene il mio solitario passo per la tua strada il cuore disperato appena un palpito batteva il riverbero della vetrata vidi spento più nessun riflesso mi giungeva nuda opprimente in alto cava infinitamente bruta devastazione era la notte mistica tirrena. Oh proterva opulente matrona a veduta d'amor ventosa mi teneva inconscio delle cose cieche e oscure che così chiaro scorgo e combatto in questa ultrafosa notte serena. Reale vuoi che sia la mia morte dopo l'ultimo bacio che mi hai dato e in atro altro amplesso mi congiunga? Non ti posso lasciare senza cuore! Canto di pace è il singulto delle mie lagrime: la distanza solco che ci divide nel futuro che si apre cancella al primo sole: saprai che in attendere chi ci ama è la gioia più compita che ci resta bloccati davanti alla muraglia che si deforma in spettrale sfondo. Sii ciò che non sei, fai ciò che non vuoi viaggiando sotto la cupola del cielo si dischiuderà la porta che nasconde l'ascoso senso del senso della vita! Dilavata di rancura stupisci con l'accento che ci incantò quando nel cuore dell'altro rinvenimmo l'introvabile speranza di mutato veder un fisso destino. Prima di rabbrividire e sudar freddo, perché per ogni vivente è pur sempre imminente il gran salto oltre la vita, come cera consuma l'invettivo parlare calore d'amore che ti sprigioni dal cuore! Amarezza staccati dalla terra e il tuo pravo feretro annega nell'Ade una dolcezza viva ritorni e poi dilaghi nel cuore di chi assenzio più non divora!
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