In sosta sul vecchio ponte, dal parapetto muscoso e malmesso tu spii segui e ascolti l'acqua che sotto vi passa. Origlia la mente attenta lo strepeare di quelle acque. Sullo sfondo tremula e vaga una immagine muta: scompare, si riforma, la scompone un gorgoglio l'annega un risucchio. Giunchi intirizziti e canne mezze rinsecchite sorvegliano l'indome flutto che il pensiero riporta a quello invisibile della nostra vita che con cadenza frettosa avanza e senz'orma durevole lasciare mai ci dice dove corra. Quell'alto mormorare del rivo gonfio pare ronzio d'orecchio illuso, quelle guizzanti e nivee spume ricordano vanesie speranze andate in fumo o in malora Su mobile specchio crespo a tratti riflesso ti miri, tremulo pensi a come sei oggi e dubiti di essere ieri stato un altro. Proteso al passato cenere spali memorie seppellite: giovinezza e sogni lustri, amori dolci cari e superbi che per un'ora ti addolcirono il petto. Ma sai pure che il tempo pieveloce procede in avanti e non si volta e così ti inoltri oltre il frangente, temi il futuro vago che non conosci fragile rifuggi da ogni attimo che crolla. Ah l'orizzonte in lontananza oltre la foce ove una luce va morendo e il cuore ancor vi guarda. Inseguendo un indomani che aspetta! Sapremo mai un altro modo di essere? Vinceremo l'indifferenza che ci riabbatte, meno dolente si farà l'oscurità che ci viene incontro a gran passo. In primavera scenderemo al torrente a bagnarci la faccia; una freschezza speranza, a rivisitare verrà il nostro volto.
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