Anime del fiume che stanche andate come nuvole cupe in un cenerino cielo acque non più chiare offese da scorie umane che tra giunchi e vimini al lontano mare puntate, a voi, pure e incontaminate un caro tempo, le mie barche fatte di carta di giornale affidai; dalla riva, spiando trepidante, ne seguii l'incerto periglioso viaggio. Ancor seguo il lento fluire che vi porta e che mi porta riassaporo perduta ebbrezza. Ripenso a quando fanciullo da sorgiva polla a colme giumelle vi attinsi placando l'arsura del giorno; di pietra in pietra a saltellare ritorno per ritrovar l'inavveduto spinarello catturato nella secca e subito poi scaltro dalle mani via sgusciato! Gli empi insulti degli uomini a morte hanno ferito le sacre fonti che vita vi danno. Ammortate trasparenze a liquami e fecali insidie hanno ceduto il passo tramutato in singulto è il sorriso delle argentee e cristalline spume delle antiche correnti, draghe sempre più in basso hanno raschiato il fondo, cocci di bottiglie infrante or spesso adornano feriti sinuosi brulli fianchi! È duro questo nostro tempo: in fetidi pantani spesso agonizziamo aspettando anelanti un destino edace che rischiari i nostri giorni. O potessimo rinascere e dimenticare, ritrovare le speranze costipate negli anni e dalla spirale del vortice per sempre trascinate e affondate!
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