Quando vetrina di cristallo puro incontaminato mi mostri, Mare, un cosmo di sconosciute creature, quando lampeggiano riflessi di vitree scaglie o spume o in un video immaginato zampilli i tuoi giganti esplodono, quando percorro l'offesa piaggia al morir di un mareggio e mi imbatto in carcasse di conchiglie o stracci di fondali o in uno sparuto osso di seppia stupito allor mi sovvien che nella notte dei tempi da te, principio equoreo, un giorno emersi uomo. Ah quante volte rapito familiare il tuo palpito riascolto come ai tuoi ritmi che di improvviso mutano altezza e tono mi abbandono! Come seguo il lacerarsi dello smisurato telo d'azzurri ad ogni strappo di vento; come ti sciorina l'insulto dei nembi al sopravvenire di una bufera! E il tuo viso che si corruga all'insorgere di un delirio lontano, le nivee frange che attaccano e devastano lidi, i getti di pulviscoli cristallini che spezzano lo sguardo all'orizzonte levato, il risucchio rabbioso di bocche ebbre al dilatarsi dei tuoi polmoni, gli scompigli di ectoplasma, i bollori di salsedine che si scagliano su venati ciottoli di riviere: cancellazione di battigie, rovesciar di scafi, affondar di navigli! Oh calma divina quando stremato in bonaccia ti assopisci in un accadere nullo! Incessante viver il tuo che ti rinnova sotto lo sguardo di un sole passante che si specchia e dilegua al passo dell'ora. È in questa immensa tua statura che un piccolo me accresciuto si ritrova che più gagliardo un sangue ritorna e mi ricaccia nel giogo della vita persuaso da richiami ineludibili giunti da fraseggi di altri sogni...
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