Quando con le sue mareggiate uomo tristezza ti palleggia venuto meno il pericolo di dire parole indurite a chicchessia accorrono e fanno ressa nugoli di pensieri che non puoi fermare. Progetti e ricordi, in gran pompa sfilano e ti danzano intorno; ti rivestono con le loro trame li odi e ti mozzano il fiato: tu, chiudi gli occhi e non dici parola. Ieri, oggi, domani... gli sterili figli della nostra vita mortale, i fantasmi del nostro durare che ci ricatturano con le loro storie! Come lontani spari in giorno di festa che l'occhio non vede il cuore che batte e spera il rimbombo ne ascolta. Velleità, ideali pagliuzze accese, faville che pur rivivono nelle pupille espulse da neonati vagheggi nel silenzio chi sa dove frottole andranno a morire! Cederesti del tutto. Poi, improvviso si spezza il cerchio attorno a cui giri senza saperlo rinvieni e ritrovi il respiro. Pacato, dentro più non ti guardi, riprendi il tuo ritmo umano... Ma lo scontento ben presto riparla, allarga le braccia e ti viene incontro di te ancora prende possesso, ti fa suo! Cessa l'interiore sciabordio: ozia l'ora e si annera il tempo; spogliato rimani di ogni senso. Dimesso, tra scherni di ombre che covano fredde sere future riarso ripensi alla vita che passa... alla speranza che al limite vana ti consuma rigonfio d'illusioni. E mentre più accidiato temi gli sfasci che il vuoto perpetua riascolti i passi dei nemico che conosci il niente e la morte. Tra scaglie e pietre arse, assetato di sereno essere pure ritorni a cercare una polla per dissetare la speranza che domani ritrovi un altro te stesso.
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