Disappetente di vita per indigesti anni da tempo non mi affratello che con fedeli vaneggiamenti, di ideali donne e amori illuso a vanvera ciancio e ne sconto inganno, luce e tenebra più non mi riguardano; assaggio di tripudi non corteggio per i mali dell'animo; a rimedi non credo. Perduti volti e cuori amici, ricordi talvolta passeggia la memoria per poi addurli a tenermi compagnia. Pressurizzati nella mente bollono devitalizzano e svaniscono fasci di pensieri dal giorno rastrellati; sprovvisto di attributi, non visto vivo. E pensare che una volta scoppiettavo di vita e su una pila di illusioni sfioravo il cielo! Pregno di pestilenze surgelanti in un recinto di solitudine tristezze svago o intreccio e ivi mai vi transita anima viva. Quando pur rimosse fossero le transenne del mio chiuso cosa mai potrei rispondere al passante che chiedesse i connotati del mio esistere, chi mi riconoscerebbe vivente? Deformato da inferti silenzi quale stampo potrebbe contenermi ridarmi forma: tanto sfigurato come potrei somigliare a un uomo! Al meglio, mi figurerei come una goccia d'olio combusto sospesa su uno specchio d'acqua pura che sasso o piombo aspira divenire per non insultare un raggio di sole e offenderne luce e tepore. Sconfessando cattedratici opinionisti che di eternità si sostentano senza contravviso penso che non si duri che lo spazio di un frangente: il buio il vuoto e il niente terrifichi sigilli verranno apposti sulla porta chiusa del destino e non vi è sortilegio o rispolverata teologia che un giorno giunga a rimuoverli. Per quanto abile e onnipotente pur se riprodurmi volesse un Creatore come poi ripetermi potrebbe!
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