Vaneggiando spirati eventi, da voi, maritata e madre di più figli, folle evaso da una cella di sogni incanutito odisseo infelice ritorno! Orsù, non me ne vogliate se per una volta, irriconoscibile, emerso da una voragine di tempo, infrangerò la ferrea legge che disciplina le nostre separate esistenze, se inquirente estorcerò nuove o vecchie verità sui vostri giorni, la confessione con cui, compunta e a malincuore, ammetterete arrossendo che qualcosa di me in voi pur sia sopravvissuto; che talvolta, al viver di un ricordo, il cuore in segreto riattizzato, e a mia insaputa, abbia poi tremato. Il tempo dell'assenza, ove regna fatale il silenzio, è senza fine: non posso percorrerlo fino in fondo e negarmi di renderlo sonoro! Lasciate che qualche facella, un lustro io strappi al buio che mi accompagna in queste orripilanti lande disseminate di carcasse interiori e spenti accadimenti. Sullo spartito del cuore orchestrale, sapete, le note d'amor che innamorata appuntaste, sopravvivono indelebili: fughe di attimi felici risuonano nella casa delle mie risonanze e vibrante il cuore vi si riaccorda. Pur se amor continuerà, chissà per qual arcano prodigio, a fruttificare tra sabbie e pietraie e all'arsura del mio deserto negata sarà ogni fonte che la calmi, non temete: remissivo obbedirò come predestinato alla mia sorte, ma ingenerosa non privatemi di una intenerita parola, dell'illusione di aver rubato un luccichio dai vostri occhi. Incurabile, mi riprenderà la nostalgia tra le sue braccia; baccello vuoto ritornerò ad essiccare al sole; mi condurrà la morte un giorno tra plaghe di ammortate presenze. Dalle strade da voi percorse, caduti fitti fiocchi d'oblio si cancellerà il tangibile segno di ogni mia traccia; acquietata, per altri abbrivi e senza indugio riprenderete il cammin vostro archiviando l'infausto verdetto emesso dal tribunale del cuore per un errore d'amore: errore da voi perpetrato, e da me, condannato, nell'ombra sofferto. Forse un giorno, in un vicolo, o sulla collina dove ci avvampò un bacio, o in un bosco, sotto un pino seduto, tra pause di vento, guardando aghi cadere, ancora, a voi perduta, come flutto alla riva, improvviso andrà il pensiero ed esclamerò un nome, un nome (il vostro nome!) che per apòcope diventa rosa e da anni mi ricorda la pena alla sepoltura di un sogno.
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