E mi ritrovo a coprire il sole con le mani come a volerlo contenere, ma quel che solo riluce sono le mie sgangherate unghie ed il proposito di non mangiarle più.
il respiro si infrange al mio tirar di sassi ad una montagna che non si smuove, troppo lenti sono i miei passi per raggiunger, ora, rive nuove.
ma senti il loro rumore che inesorabile scava la roccia, pronta ad esplodere come lava. forse l'udito non ti è così forte forse è giusto che così sia, perché il cambiamento è soltanto una cosa intima, una cosa mia.
al limite lo si può sussurrare perché a dirlo poi, rischia di andar via ma, come l'arte, va mostrato ad opera ultimata, altrimenti si crea l'aspettativa e cade la magia.
raccolgo comunque un pugno di parole e dico solo che questo motore, forte dentro me si muove, e quasi non fa rumore; rosicchia ogni granello come inesorabili scorrono le ore.
lo spazio e il tempo fermi stanno in movimento, come in uno sbatter d'ali, sono buchi ad oggi eterei sono onde gravitazionali, sono inspiegabili tasselli di una vita che par ferma, sono una vista montana che all'occhio, qui ed ora, tutto rallenta ma tutto per la metamorfosi lavora, non importa ritrovarsi al punto di partenza, l'importante è la consapevolezza, poi, della propria essenza.
la mia mano l'anima interroga ma per ora è sol ferita, come il giardiniere la terra scava per poi far germogliare nuova vita.
in questo enorme prato, nel qual opera la mia mente, così assordante è il silenzio che si sente, quello che senza dubbio devo sopportar senza lamento: il lancinante, necessario, sublime, alle volte effimero ma profondo, silenzio del cambiamento.
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