Il caldo universale ha cambiato i ritmi e la musica della vita, le stagioni, il tempo della vendemmia, della semina. Ha portato con sé uomini usciti dalle maree: visi scavati da un pianto remoto.
Naufraga con essi un'umanità migrante dalla ragione, estranea a se stessa, al proprio vivere, incapace di riconoscersi in quella pelle diversa dalla propria rivedervi le sofferenze dei propri avi nell'atlantico: un dolore atavico.
Altri uomini narrano favole che nessuno illudono. Tornerà il freddo, dicono, finiranno guerre e fame, perché l'abbiam deciso noi. Non si scioglieranno più i ghiacciai. Il contadino tornerà a coltivare la terra, il ragazzo i sogni.
Ma io vedo solo un bambino senza secchiello e paletta, il viso affondato nella sabbia, le piccole mani protese: l'ultima preghiera verso il cielo della turchia.
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