I marosi si ritraggono veloci accarezzando le spine dei ricci e s'infrangono sulla scogliera.
I pori delle rocce s'imbevono di salmastro ma conta il fragore che s'instilla nell'udito, ne coglie le sfumature e genera curiosità: sorge un lampo acuto nelle pupille, si sposta la luce degli occhi e del litorale ne coglie le rilevanze.
È una costiera frastagliata, di anse ebbre di sale, insinuate, aperte a sbocchi sulle increspature, sottilmente infittite da una spuma ferita dal vento di maestrale.
Al limitare della distesa salina, vaghi promontori s'intuiscono in un arcipelago. Un'isola annessa appare nell'aria tersa ma sparisce non appena compaiono velature.
E, però, più l'aprirsi d'un mare sin dalle rive - varca l'ampiezza d'una fitta coltre di nubi - a render lucente l'immagine d'una fotografia di libertà.
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