Ora che il passo della talpa viene alla polvere inquieta del tuo braccio, che il riccio scava il tuo pensiero chiuso e la mano sprofonda nella diga, tesa fra sonno e colpo di tamburo, che i vivi seguono la marcia muta alla tenera culla di radice dove il lampo reclina ed è guanciale al tuo grido d'abisso, ti sognerò come chi più non vede si rannicchia nel fondo della luce e chi non ode frana nella notte di una piccola musica di pietra.
Ti sognerò nella cadenza cupa dello squillo terribile d'estate, filo di tenebra fra due visioni – dormiveglia e sorriso. E ti ricorderò come un narciso chino su un orologio silenzioso mentre sorge dal buio del tuo viso l'esile giorno delle pulsazioni.
Commenti