Non è tempo di scrivere e io non ho che il solco della penna e sotto il foglio. Un inchiostro facile, un dire fragile tra voci che confondono, che vanno. E questo è un anno che trattiene i giorni li lega al calendario. I volti stanno lì, per caso. Ci chiedono un appiglio, lo scompiglio di un'altra primavera. Quasi non ci fossero, come se svanissero. Sistemali per poco qui, con le parole. In qualche stanza chiusa, in una nuova sera. Una nicchia, e poi fermarli, e poi imparare a dirli, a riconoscerli dagli occhi almeno. Tu, punto a capo senza corpo. Tu rimedio dell'assenza, poesia.
Questi versi di Ivan Fedeli penetrano dritti al cuore, quasi fossero lame affilate che "sezionano" dolcemente la parte più intima e la più trasparente di noi stessi, attraverso l'immagine "dell'oasi felice" della poesia.
Grazie Ivan.
Marina Moroni
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