Vince chi piega la luce da farne origami; e lo ammiri: si può. Carta, quei fiori carnivori diretti da dita veloci e dimentico che s'aprono a rischio di scelta scricchiolano musica spinosa e vorrei che la luce lasciasse il suo angolo lineare per dirsi curva perfetta, insinuarmi nel cerchio da sola: non posso. Impermeabile strumento fuori resto a dare il ritmo agli ingranaggi; scivola altrove il merito di figli. Solo ha forma qualche cosa che rischia di cadere. Continueranno le mani a piegare la carta e incartare la luce, a rilucere i muti origami lì sul ciglio della buca.
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