Suono al pianoforte una famosa sinfonia per entrar con l'auditorium in piena sintonia. Dinanzi a una platea festosamente riunita, le mani scorron nervose sui tasti e vanno via da sole, inseguite affannosamente da laconiche parole. Un canto armonioso mi sale dalla gola come mai era accaduto prima. Canto l'ardore di una giovinezza con impeto virile di stampo leonino. Tanto si snoda il sogno di un'esuberanza fino adesso taciuta. L'ultimo refrain non è ancora scoccato e già il pubblico è tutto in piedi ad applaudir estasiato. Ma i riflettori si spengono, le poltrone si svuotano gli orchestrali ripongono nella custodia i loro strumenti. Ed esco dal palco ormai pago di un'unica vittoria. Cammino in punta di piedi per non tradir il religioso silenzio, vero alleato di chi ricalca rinvigorito la scena della vita.
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