E vanno all'alba sui sonnolenti campi cantando con ardore antiche voglie. Nell'aria, ancora scura dopo i lampi, un vento che rimescola le foglie...
Rivoltano la terra che fu dei loro padri e spargono sementi con passi misurati. Coltivano speranze, come le loro madri, e sogni familiari ancora inappagati.
Mani incallite da consumate vanghe, barbe incolte sulle vermiglie gote, e sulla fronte quelle rughe stanche che il vento di maestrale fissa immote.
È parco il desinare a mezzogiorno, supini sotto l'ombra di quei tigli, quando il lavoro sfuma nel contorno ed il pensiero corre ai propri figli:
giovani semi curati con passione, frutti acerbi venuti dalla terra per dare corpo a tenere illusioni e mitigar la quotidiana guerra!
Poi tornano sfiniti nell'ora vespertina, sui carri insieme a dignitose donne, avvolte da uno scialle cenerino che paiono figure di madonne.
E al fine ci si appresta al casolare, dove i fanciulli attendono la mamma, e quelle mani attorno al focolare tornano calde al crepitar di fiamme.
È la giocosa infanzia, generosa, che corre tra i sentieri raddolcita dallo sguardo di una madre ansiosa che chiama fuori l'uscio impensierita...
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