Una macina in pietra che gira lo stesso cerchio, ancora e ancora, i miei pensieri, sempre gli stessi, dapprima spezzati e poi franti e poi in briciole e poi in grani e poi farina e poi polvere: impalpabile. Un inizio sgradevole, fin quando le parole si percepiscono ancora: Dico, non, ricordi, mancanza, poi, lacrime, sorpresa, affetto, bene, cura, parole, coincidenze. e poi: rdi, bra, nec, be, ole E ancora: O, i, p, c, s, a un primordiale alfabeto che non racconta più nulla. La macina, l'inutile affanno, il giro in tondo Il mondo franto, spezzato, come un foglio di cui si sono fatti coriandoli Molito, come carta pesta Si stempera, lento, in sfondo tenue senza colori. Il "più niente da dire": deve somigliare a questo. Anche le idee in brandelli via via più fini, svolazzanti nel loro ripetersi in melodia in chiave sempre minore, in scrittura sempre più prosaica... Resta ancora un grumo: il desiderio di altrui serenità, ma non è un augurio. È che la serenità, mia, sancisca la distanza definitiva: che non si accorci mai più per sopraggiunta disperazione da accudire e medicare.
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