Tu sai quello che ancora io non so l'inutile riposo della notte, la pace che spande la sua morta luce nelle taverne vuote, i borghi uccisi dalle ruspe. Le nude camelie nel terriccio, come rosari abbandonati dalle vecchie, altra stagione vogliono dirci. Ritorna il tempo della pesca: famelico, tu aneli con sacrale riverenza, nell'agonia d'un amo o d'una lenza, qualche sarago pizzuto. Non sa nulla la bestia marina d'una morte di buon mattino. Spera la fuga col fermo colpo d'una mascella nel mare sorrentino. Non sa che dietro ad ogni desiderio della vita c'è già la morte tutta della terra tu sai quello che ancora io non so le cose che io solo nomino e sono il mondo.
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