Che giorno incontaminato! La spuma, di ora in ora, instancabilmente, bianca, bianca, bianca. Innocenti materie, i corpi e le rocce – dallo zenit totale mezzogiorno assoluto – stavano vivendo della luce, per la luce, nella luce. Ancora sconosciute la coscienza e l'ombra. Si tendeva una mano a cogliere una pietra, una nube, un fiore, un'ala. E si raggiungeva tutto, perché era prima delle distanze. Non sospettava il tempo di essere il tempo. Ci veniva accanto sottomesso ed elastico. Per vivere lentamente, in fretta, gli dicevamo: "fermati" o "mettiti a correre". Per vivere, vivere soltanto, tu gli dicevi: "vattene". E allora ci lasciava eterei a galleggiare nel puro vivere senza successione, salvati da motivi, da origini, da albe. Né volgere la testa né guardare lontano abbiamo saputo quel giorno tu ed io. Non ne avevamo bisogno. Baciarci, sì. Ma con labbra così remote dalla loro causa, che inauguravano tutto, bacio, amore, baciandosi, senza dover chiedere perdono a nessuno, a nulla.
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