Ben poco ti preoccupi, povero fiore, che ho osservato per sei o sette giorni, e ho visto la tua nascita, e ho visto quanto ogni ora donava al tuo sviluppo, affinché tu crescessi fino a questa altezza, e ora che su questo ramo tu trionfi e ridi, ben poco ti preoccupi che gelerà fra breve, e che domani ti troverò caduto, o non ti troverò per nulla.
Ben poco ti preoccupi, povero cuore, che ancora fatichi a costruirti un nido, e pensi qui svolando di conquistarti un luogo su un albero vietato o che a te si rifiuta, e speri di piegare, in un lungo assedio, la sua rigidezza: ben poco ti preoccupi, che prima che si desti il sole, domani mattina, dovrai con questo sole e insieme a me metterti in viaggio.
Ma tu, che ami essere sottile a tormentarti, dirai: ahimè, se tu devi partire a me che importa? Qui son le mie faccende, qui voglio restare; tu vai da amici il cui affetto e i cui mezzi altro piacere arrecano agli occhi tuoi, agli orecchi, alla lingua, a ogni parte di te. Se quindi parte il tuo corpo, che bisogno hai di un cuore?
Bene, allora rimani: ma sappi, quando sarai rimasto, e fatto del tuo meglio: un cuore nudo e pesante, che non fa mostra di sè, per una donna non è che una specie di spettro; come potrà conoscere il mio cuore; o non avendo cuore in te riconoscerne uno? La pratica le può insegnare a conoscere altre parti, ma, parola mia, non a conoscere un cuore.
Vienimi incontro a Londra, allora, fra venti giorni, e mi potrai vedere più fresco e grasso, per la compagnia degli uomini, che se fossi rimasto insieme a te e a lei. Per amore di Dio, se ti è possibile, segui il mio esempio: laggiù ti vorrei dare a un altro amico, che si mostrerà felice di avere tanto il mio corpo quanto la mia anima.
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