Laudata sii dal figlio che, compiuti vent'anni oggi lascia li inganni ritorna come giglio. Oggi il candor riceve sull'anima perduta della bianca caduta in terra prima neve, se la tua mano fina sì tenera e sì affranta recando l'Ostia Santa verso di lui s'inchina. Egli che tu ben sai per motivo nessuno ai ginocchi d'alcuno non si prostese mai, ai tuoi ginocchi indice l'umilicordia e attende mentre i labbri protende all'ostia redentrice. Oggi, lasciati i gaudi e i canti del Piacere, solleva l'incensiere di tutte le sue laudi. Laudata per l'amore - il solo di sua vita - per sua dolce infinita pazienza nel dolore. Eretta sullo stelo o Rosa adamantina invitta a la ruina, invitta a lo sfacelo, la casa il gran valore sorregge di sue vene, come i solchi trattiene la radice di un fiore. Più che la laboriosa femina dell'Ebreo, Madre di Galileo, o madre mia dogliosa, voglio esaltarti: voglio su le tempie che adoro recingere l'alloro del mio protervo orgoglio. Laudata sii. Il greve peso dell'esser mio nel mese che un iddio nasceva su la neve tu desti in luce. Forse venne l'Annunciatore e il bacio del Signore anche al tuo labbro porse? O sogno! Allora anch'io (il supremo che agogno sogno è raggiunto. O sogno!) son figlio d'un iddio?
Ho un biasimo solo dal quale saprai la mia gioia di vita. Perché non mi hai fatto immortale?
Commenti