Gli archivi sono vita, tra fogli e polvere, il tempo non è fermo, è in continuità, sudore, forse lacrime. Cerco in un faldone, come in un forziere, c’è una lettera di un emigrante. Attraversa l’oceano per “trovare l’America”, lasciando una scia di sacrificio, una scia che lo avvicina a chi aspetta all’altra sponda. Leggo, un’altra lettera, si rinnova in me, il tremore della voce, di chi pronunciava queste parole, mentre le scriveva. Emigrato in Argentina, qualche parola in spagnolo, quiero, falta. Un sospiro, lo sguardo nel buio, fissa il cono di luce della lampada, ritorna alla lettera, accanto c’è la foto dei bambini, la mano tra i capelli, un altro sospiro, deglutisce, un sorriso. Ritornerò, sto bene, non ti preoccupare, ti aspetto, tornerò presto, ti voglio bene, ti amo, salutami i bambini, a presto.
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