L'arte, credo, sia una parte di noi stessi, alla quale non possiamo approcciare per giungere a fini materiali, manuale alla mano, inizia la lezione, o almeno, non solo.
Prendiamo forma in placenta di acquarello, tempera ed olio, tutto mescolato da un pennello ombelicale.
Il primo strillo critico all'esterno, cullati e poi accomodati in una culla-tavolozza.
È da lì che cominciamo a battere le mani alla mamma, al mondo intero e quindi di nuovo alla mamma.
È da lì, che ci giriamo e rigiriamo su noi stessi in un estenuante gioco che ci conduce al sonno e poi al sogno.
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