Hamidullah, a volte i tuoi occhi sono come persi nel vuoto che li inseguo a volte li ritrovo in un sorriso un po' triste un po' malinconico in cerca di sogni che questo mondo ti ha tolto. Perché i tuoi occhi che l'Afghanistan è nel buio che inginocchiano il mondo sono mare, sono cielo e vento che le vele bianche degli oceani aspettavano. Questa mattina medicandoti mi accorgo che hai un ago infisso nella pianta del piede. Sono sbalordito, nero, più arrabbiato smarrito, non so nemmeno io cosa mi sento ed il fucile appoggiato dietro il tavolo mi guarda in piedi. Forse camminando adesso che cammini che la sensibilità ancor ti manca alle piante l'ago si è conficcato nella tua carne senza te ne accorgessi. Ed i tuoi passi che ancor non sentono, penso, sono i passi del mio mondo, di noi, passi ciechi che calpestano campi di grano senza rimorso e non so più cosa pensare ma i fucili tacciono in questo giorno eppur la guerra è anche nei silenzi di altri mondi che falsi pregano nelle chiese la pace ma per loro e non ci sarà così mai pace. Hamidullah ogni volta che ti vedo mi insegni qualcosa e le vele degli oceani, di questi deserti aspettano il tuo vento, lo so. Ti guardo nei tuoi sguardi spesso assenti per inseguirti e mi chiedo dei tuoi sogni tu che hai visto solo sabbia e fango e piante senza fiori ne voli di farfalle. Mi chiedo triste che solo l'amore per una fata lontana mi fa respirare che le sue chiome mi accarezzano i pensieri dei desideri di un bambino calpestati da giganti di impronte che non hanno idee di libertà. Che il mondo ora si fermi e ti guardi che si fermino i giganti, che i fucili tacciano per sempre per i sogni di un bambino che del mondo sono la libertà cercata.
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