Le migliori poesie di Salvatore Quasimodo

Poeta, nato martedì 20 agosto 1901 a Modica (Italia), morto venerdì 14 giugno 1968 a Napoli (Italia)
Questo autore lo trovi anche in Frasi & Aforismi.

Scritta da: Silvana Stremiz

Natale

Natale. Guardo il presepe scolpito,
dove sono i pastori appena giunti
alla povera stalla di Betlemme.
Anche i Re Magi nelle lunghe vesti
salutano il potente Re del mondo.
Pace nella finzione e nel silenzio
delle figure di legno: ecco i vecchi
del villaggio e la stella che risplende,
e l'asinello di colore azzurro.
Pace nel cuore di Cristo in eterno;
ma non v'è pace nel cuore dell'uomo.
Anche con Cristo e sono venti secoli
il fratello si scaglia sul fratello.
Ma c'è chi ascolta il pianto del bambino
che morirà poi in croce fra due ladri?
Salvatore Quasimodo
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    Scritta da: Gabriella Stigliano

    Ora che sale il giorno

    Finita è la notte e la luna
    si scioglie lenta nel sereno,
    tramonta nei canali.

    È così vivo settembre in questa terra
    di pianura, i prati sono verdi
    come nelle valli del sud a primavera.
    Ho lasciato i compagni,
    ho nascosto il cuore dentro le vecchie mura,
    per restare solo a ricordarti.

    Come sei più lontana della luna,
    ora che sale il giorno
    e sulle pietre bette il piede dei cavalli!
    Salvatore Quasimodo
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      Scritta da: Silvana Stremiz

      Colore di pioggia e di ferro

      Dicevi: morte, silenzio, solitudine;
      come amore, vita. Parole
      delle nostre provvisorie immagini.
      E il vento s'è levato leggero ogni mattina
      e il tempo colore di pioggia e di ferro
      è passato sulle pietre,
      sul nostro chiuso ronzio di maledetti.
      Ancora la verità è lontana.
      E dimmi, uomo spaccato sulla croce,
      e tu dalle mani grosse di sangue,
      come risponderò a quelli che domandano?
      Ora, ora: prima che altro silenzio
      entri negli occhi, prima che altro vento
      salga e altra ruggine fiorisca.
      Salvatore Quasimodo
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        Scritta da: Silvana Stremiz

        Auschwitz

        Laggiù, ad Auschwitz, lontano dalla Vistola,
        amore, lungo la pianura nordica,
        in un campo di morte: fredda, funebre,
        la pioggia sulla ruggine dei pali
        e i grovigli di ferro dei recinti:
        e non albero o uccelli nell'aria grigia
        o su dal nostro pensiero, ma inerzia
        e dolore che la memoria lascia
        al suo silenzio senza ironia o ira.
        Da quell'inferno aperto da una scritta
        bianca: " Il lavoro vi renderà liberi "
        uscì continuo il fumo
        di migliaia di donne spinte fuori
        all'alba dai canili contro il muro
        del tiro a segno o soffocate urlando
        misericordia all'acqua con la bocca
        di scheletro sotto le doccie a gas.
        Le troverai tu, soldato, nella tua
        storia in forme di fiumi, d'animali,
        o sei tu pure cenere d'Auschwitz,
        medaglia di silenzio?
        Restano lunghe trecce chiuse in urne
        di vetro ancora strette da amuleti
        e ombre infinite di piccole scarpe
        e di sciarpe d'ebrei: sono reliquie
        d'un tempo di saggezza, di sapienza
        dell'uomo che si fa misura d'armi,
        sono i miti, le nostre metamorfosi.

        Sulle distese dove amore e pianto
        marcirono e pietà, sotto la pioggia,
        laggiù, batteva un no dentro di noi,
        un no alla morte, morta ad Auschwitz,
        per non ripetere, da quella buca
        di cenere, la morte.
        Salvatore Quasimodo
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          Scritta da: Gabriella Stigliano

          Fresche di fiumi in sonno

          Ti trovo nei felici approdi,
          della notte consorte,
          ora dissepolta
          quasi tepore d'una nuova gioia,
          grazia amara del viver senza foce.

          Vergini strade oscillano
          fresche di fiumi in sonno:

          E ancora sono il prodigo che ascolta
          dal silenzio il suo nome
          quando chiamano i morti.

          Ed è morte
          uno spazio nel cuore.
          Salvatore Quasimodo
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            Scritta da: Andrea De Candia

            Le morte chitarre

            La mia terra è sui fiumi stretta al mare,
            non altro luogo ha voce così lenta
            dove i miei piedi vagano
            tra giunchi pesanti di lumache.
            Certo è autunno: nel vento a brani
            le morte chitarre sollevano le corde
            su la bocca nera e una mano agita le dita
            di fuoco.
            Nello specchio della luna
            si pettinano fanciulle col petto d'arance.

            Chi piange? Chi frusta i cavalli nell'aria
            rossa? Ci fermeremo a questa riva
            lungo le catene d'erba e tu amore
            non portarmi davanti a quello specchio
            infinito: vi si guardano dentro ragazzi
            che cantano e alberi altissimi e acque.
            Chi piange? Io no, credimi: sui fiumi
            corrono esasperati schiocchi d'una frusta,
            i cavalli cupi i lampi di zolfo.
            Io no, la mia razza ha coltelli
            che ardono e lune e ferite che bruciano.
            Salvatore Quasimodo
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              Scritta da: Gabriella Stigliano

              Imitazione della gioia

              Dove gli alberi ancora
              abbandonata più fanno la sera,
              come indolente
              è svanito l'ultimo tuo passo
              che appare appena il fiore
              sui tigli e insiste alla sua sorte.

              Una ragione cerchi agli affetti,
              provi il silenzio nella tua vita.

              Altra ventura a me rivela
              il tempo specchiato. Addolora
              come la morte, bellezza ormai
              in altri volti fulminea.
              Perduto ho ogni cosa innocente,
              anche in questa voce, superstite
              a imitare la gioia.
              Salvatore Quasimodo
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